Giovedì 25 Aprile 2024

Esplosioni e morti: eccoci a Kiev. Il fronte ha l’odore dell’inferno

Il reportage. Sul treno tra i soldati che vanno a combattere. Si spara a 2 chilometri dal centro: macerie, fumo e incendi

Un condominio bombardato a Kiev (Ansa)

Un condominio bombardato a Kiev (Ansa)

L'umidità appanna ogni cosa, la banchina della stazione di Lviv è stranamente affollata. Sono le 23 e aspettiamo tutti il treno per Kyiv (qui nessuno vuole pronunciarlo alla russa, Kiev). All’andata bisogna pagare, al ritorno il viaggio è gratis perché se te ne vai da Kyiv stai scappando dalle bombe. Il treno è in ritardo di un’ora ma il capostazione ha la risposta: "Cosa vuoi, è la guerra". L’arrivo è previsto alle 8, quando il coprifuoco di 36 ore imposto nella capitale sarà appena terminato.

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Notte lunga, cuccette sovietiche più comode del previsto e un compagno di viaggio, Anatoly, che apre uno squarcio sulle convinzioni dell’ultimo mese trascorso in Ucraina: non tutti sono dalla parte di Zelenski. Certo è una piccola parte, residuale, ma la contestazione è ben calibrata. "Non mi piace perché ha concentrato la sua attenzione sulle infrastrutture e ha trascurato l’esercito. Come ha fatto a non prevedere l’attacco dei russi?". Non siamo su un treno qualunque, oltre ai civili ci sono molti soldati e, forse, anche attrezzature militari. Del resto viaggia sull’unica linea ancora funzionante che consente una comunicazione sicura tra Kyiv e l’ovest, la porta d’accesso al flusso di armi proveniente dalla frontiera europea. "Perché i russi non bombardano le ferrovie? Davvero non capisco", continua Anatoly, che per fortuna non ha altre domande. Sono le 10.30 quando scendiamo nella capitale e i pochi chilometri che separano la stazione da piazza Maidan sono un gioco dell’oca di checkpoint. In mattinata i Grad russi hanno centrato i distretti di Sviatoshynskyi e Shevchenkivskyi, nella zona est. Il primo una volta si chiamava distretto Leningrad ma nel 2001 si è dovuto arrendere al processo di decomunizzazione del Paese.

Shevchenkivskyi è una zona di grande valore culturale a una ventina di chilometri da quel centro che per ora è la roccaforte inviolata del potere ucraino. I missili hanno danneggiato un centro commerciale e due appartamenti privati ma non hanno provocato vittime. Una fortuna rara in queste settimane segnate da palazzi residenziali trasformati in bersaglio dall’artiglieria russa. Otto persone sono morte nei giorni scorsi nella zona nord, a pochi chilometri da Buča. "Un razzo ha centrato il palazzo al mattino – racconta uno degli inquilini che stanno portando via quel che resta –. Hanno detto che era un target militare. Ma come fanno a sbagliare così? Qui ci sono solo famiglie, anziani e bambini".

Non aggiunge altro, se ne va trascinando un sacco pieno per metà. Della sua vita non è riuscito a salvare neppure un sacco pieno. Di fronte all’ingresso, a 10 metri, c’è un campetto di calcio rimasto intatto. Il verde dell’erba sintetica non riesce a vincere sulla facciata annerita. Mezhova street, zona nord ovest, area residenziale, gente tranquilla. La sirena antiaerei ha appena smesso di suonare ma in compenso le esplosioni si fanno più decise. Al centro di un cortile circondato da palazzotti c’è un cratere profondo almeno tre metri. Rapiti da quel buco apparso dal nulla due giorni fa, non ci accorgiamo che c’è un intero palazzo senza un lato.

È come guardare una casa delle bambole a cui hanno tolto la parete, solo che quei quadrati sono appartamenti con persone che si muovono all’interno. "Hanno colpito all’alba, ero al computer ma poi mi sono rimesso a letto per dormire un altro po'. Sono vivo per questo", racconta Alexandre, 74 anni, da 8 in quella casa ma da 60 a Kyiv. Parliamo nel suo salotto al primo piano a cui manca una parete. Assieme a due amici cerca di recuperare qualcosa in quel groviglio senza forma che una volta era casa sua. È piena di libri ma dovrà lasciarli, c’è un giradischi rimasto incredibilmente integro ma sul ciglio del precipizio. "Andrò a dormire da mia figlia, qui non c’è più niente. Vedi lì? (E indica delle giostrine sotto casa, ndr) Lì c’è una scuola elementare, è sempre pieno di bambini...". Non riesce ad andare avanti. Camuffa le lacrime con un colpo di tosse e usa un fazzoletto per pulirsi il naso. I mortai sembrano un metronomo.

Andiamo incontro a quel suono verso Buča, dove si sta concentrando lo scontro più violento. La strada ha la stessa scenografia di Mad Max, le mine anticarro vengono nascoste dietro ai cavalli di Frisia, auto e pulmini distrutti servono a restringere la carreggiata creando stretti passaggi. La superstrada in genere è una colonna di auto, ora è una distesa deserta. Nessuno va verso Buča. Svoltando sulla E40 arriviamo a una grande area commerciale che ora non è più niente. Un ammasso informe di lamiere, puzza di bruciato e un manifesto con la scritta “like” che è nel posto sbagliato al momento sbagliato. La frontline è a due chilometri. Le esplosioni si fanno più forti ma sono gli ucraini che rispondono all’avanzata russa, i missili partono da vicino ma dovrebbero cadere lontano. Dovrebbero.