Venerdì 26 Aprile 2024

"Ecco perché imbrattare i muri è arte Ma dico no ai graffiti in ogni angolo"

BROS e la chiesa del Redentore deturpata: "Una delle regole è non dipingere su arte già esistente"

di Alessandro

Belardetti

La formula matematica sulla chiesa del Redentore alla Giudecca a Venezia è solo l’ultimo atto della saga degli artisti di strada, se così si possono chiamare anche coloro che imbrattano le opere d’arte classiche. Una legge punisce i vandali e graffitari con una pena da uno a sei mesi o una multa fino a mille euro: ma, come spesso avviene in Italia, il deterrente non risolve la situazione.

C’è chi spinge per legalizzare i graffiti, depenalizzando il reato: una proposta di legge per ammende fino a 10mila euro e niente carcere.

"Nel 2007 mi colsero in flagranza – racconta l’artista di strada milanese di 40 anni Daniele ’BROS’ Nicolosi –, ma è finita a tarallucci e vino. Gli amici del bar mi prendevano in giro chiamandomi ’lodo Bros’. Il mio dibattimento doveva essere col giudice di pace, ma hanno reso retroattiva la legge e sono stato giudicato dal Tribunale dopo 3 anni. Questa norma è nello stesso pacchetto sicurezza dove era inserito il falso in bilancio: spesso, però, parliamo di una scritta su un muro".

Qual è il confine tra vandalismo e arte di strada?

"Chi può dire che un artista è più bravo di un altro? Capire le differenze per un profano è difficile. Sia chiaro, per me non va tutto bene a livello di street art, però è complesso stabilire a chi spetta quel tipo di spazio".

Come definirebbe la formula matematica a Venezia?

"Non voglio definirla vandalismo. A livello di iscrizione nel contesto urbano, l’autore non sembra a digiuno di murales. Non si capisce se la sua mano è valida, ma ci sono opere dell’artista greco Yannis Kounellis, battute ad altissimo livello, che sembrano formule matematiche. La scelta del colore rosso non è stata molto felice, mi ha ricordato Cecchini con il blitz alla Fontana di Trevi".

Oltre a compiere un reato, ci sono regole non scritte che il vandalo ha infranto?

"Noi artisti di strada all’inizio degli anni ’90 eravamo in pochi e avevano regole ferree. Ci dicevamo ’non sappiamo come viene presa la nostra mossa, non esageriamo’. Una regola era: non fare graffiti sull’arte già esistente, quindi non andare su monumenti e chiese. Ma ora c’è più sicurezza e si va contro il ’protocollo’. Un’altra era: non andare sugli altri street artist. Ma adesso quando conquisti una superficie, lo fai e basta. Il sogno del writer è fare come fece Fantozzi: dipingere sul cielo".

Oltre al famoso caso in cui lei rischiò una multa da 50mila euro e venne difeso da Sgarbi, ha rischiato altre volte?

"Dipinsi senza autorizzazione tutta la facciata di una chiesa a Milano, in via Leonardo da Vinci. Il parroco mi disse che se glielo avessi chiesto, me la avrebbe fatta dipingere. Ma i parrocchiani, proseguì, preferivano cancellare tutto".

I cittadini hanno il diritto di non vedere deturpati spazi pubblici, o privati che siano.

"Sì, è un discorso logico. Non riguarda solo il murales, ma il costume in genere. Se uno è troppo tatuato, può essere fastidioso da vedere. Ma l’arte ha bisogno di essere forte, e quindi rappresenta sempre un po’ una imposizione: l’arte è totalitarista, nel bene e nel male. E gli artisti non sono democratici, per definizione".

La disputa tra vandali e artisti di strada, somiglia molto a chi sa usare i social – una piazza virtuale – e chi no. Tutti vogliono apparire e scrivono, commentano ogni questione. Per voi chi deturpa il paesaggio urbano è un problema?

"La maggior parte degli artisti di strada sono dilettanti che tentano di produrre qualcosa. In Italia chi può essere chiamato artista di strada si conta sulle dita di una mano".

Servono spazi pubblici per gli artisti di strada?

"No, i graffiti si fanno così. Avere uno spazio e disegnarlo è wall painting oppure sei un muralista, come a Orgoloso. Anche nella Chiesa del redentore è implicito leggere l’arte di strada. Ha scelto un luogo ’forte’, ha rischiato tanto, ha ’impaginato’ la chiesa come voleva, forse voleva denunciare qualcosa. Se hai già lo spazio prestabilito, perdi il 30% del lavoro. Il graffito vive di tensione, se questa si abbassa, perde la sua natura".

Esiste un conflitto tra arte classica e la street art. Come si fa?

"Le città d’arte, come Venezia, dovrebbero fare pace con il contemporaneo: il classico e il nuovo possono coesistere".