Mercoledì 24 Aprile 2024

Ecco perché il ‘Lombroso’ non va chiuso

Gabriele

Moroni

L’Università di Oxford (Oxford, ladies and gentlemen) sta rivedendo i corsi di storia della musica e uno degli obiettivi sarebbe quello di bandire le partiture di Mozart o Beethoven perché rappresentano "musica bianca del periodo schiavista". E due giornaliste del ’San Francisco Gate’, dopo avere sostato davanti a una delle giostre di Disneyland, hanno formulato per il principe azzurro l’ipotesi di reato di molestie sessuali. Formulazione: "Biancaneve dorme e dunque il bacio non è stato consensuale". Capito, bellimbusto d’azzurro vestito? Accade in tempi di esasperato revisionismo, di sfrenata rincorso a quanto è (o fa) politicamente corretto.

E allora, perché meravigliarsi se il senatore lucano Saverio De Bonis si rivolge con una interpellanza al ministro della Cultura chiedendo la chiusura del Museo Lombroso di Torino per il suo "razzismo scientifico"? Invece c’è di che meravigliarsi. Cesare Lombroso fu alfiere della fisiognomica, sostenitore di teorie che oggi appaiono (e lo sono) aberranti, come quella del "delinquente nato". Il Museo, fondato da Lombroso nel 1876, con la sua esposizione di preparati anatomici, corpi di reato, teschi, resti scheletrici umani e animali, in una scenario da danza macabra, è il monumento a quelle dottrine. La Storia le ha superate da tempo e largamente. Ma è proprio la Storia che non può essere rimossa. Né tantomeno cancellata. Lombroso e il suo Museo ne fanno parte.