Venerdì 26 Aprile 2024

Draghi, schiaffo bis ai 5S Ma il governo non trema

Il premier nomina i vertici Rai: Carlo Fuortes (ad) e Marinella Soldi (presidente). I grillini avevano chiesto di aspettare. Ma Conte non ha la forza di strappare

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"Adesso in Aula vedremo chi è davvero il M5s. E se ne accorgerà anche il governo...". A sera, quando la polvere dell’incendio interno al M5s sembra – sembra – essere tornato sotto controllo, un ex ministro grillino fa capire che, invece, il bello deve ancora venire. Perchè c’è stato un ultimo schiaffo, dato dal governo, che ha fatto capire ai ministri della delegazione stellata che hanno votato il sì alla riforma Cartabia, che il premier Mario Draghi considera il partito di maggioranza relativa poco più che "una comparsa al tavolo dei suoi ordini", è la fredda fotografia della stessa fonte.

Si parla di Rai, stavolta, non di giustizia, ma tema non è meno sensibile per il Movimento. Perchè, in barba alle richieste grilline di far slittare le scelte sui componenti del nuovo cda della tv pubblica, Draghi ancora una volta ha fatto finta di non sentire ed ha tirato dritto. Ieri, infatti, Palazzo Chigi – con una nota del Mef – ha reso nota la scelta del governo per la carica di ad e presidente di Viale Mazzini. La prima scelta è caduta su Carlo Fuortes, manager con grande esperienza nella gestione di teatri e beni culturali, sovrintendente della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, vicino al Pd di rito veltroniano; mentre l’altro membro del consiglio, che dovrebbe essere indicato come presidente, è Marinella Soldi, un passato a MTv e Discovery, più volte in passato data come vicina alla tv pubblica, ma considerata anche renziana di ferro. Scelte che non hanno fatto fibrillare solo il M5s, bensì anche Lega e Fd’I, ma l’ennesimo "schiaffo" di Draghi alle richieste del partito di maggioranza relativa che sostiene il suo governo, non poteva non fare rumore.

Altro che ulteriore dilazione, anche sulla Rai nessun tentennamento e nessun rinvio. Insomma, una sconfitta dopo l’altra per i 5 Stelle, con Conte che – secondo fonti grilline – potrebbe essere indotto allo strappo, vista la situazione che si è venuta a creare. Quella telefonata avvenuta tra Grillo e i ministri 5 Stelle per convincerli a "firmare" la riforma Cartabia è considerato, in ambienti contiani, il detonatore giusto per far saltare il banco della trattativa interna sulla leadership. Ma sono più supposizioni, timori, che notizie concrete. Certo, le fila dei contiani, dopo quanto accaduto, sono certamente lievitate, ma non ci sono i presupposti, almeno secondo autorevoli fonti parlamentari, perchè un eventuale "partito di Conte possa mettere a repentaglio la tenuta del governo, men che meno la crisi interna che stiamo vivendo", sosteneva ieri, lontano dal microfono, un ministro stellato. Perchè Conte – e questo è noto ai più – potrà pure contare su un buon numero di parlamentari, ma non ha, al momento, quanto serve per fondare un partito autonomo capace di "mettere paura" a qualcuno. A cominciare dalle risorse.

La crisi dei 5 Stelle, dunque, è grave, ma nulla che possa davvero far temere la tenuta dell’esecutivo. E questo nonostante l’imminente inizio del semestre bianco e le "provocazioni" renziane che promettono addirittura un referendum abrogativo del reddito di cittadinanza: questione che, per la verità, nessuno a Palazzo Chigi vuole toccare.

Elena G. Polidori