Venerdì 26 Aprile 2024

Draghi e il futuro: niente politica "Sereni, il lavoro lo trovo da solo"

Via alla riforma della Giustizia. Poi la sferzata: io candidato nel 2023 come federatore del centro? Lo escludo

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di Ettore Maria Colombo

Prima scherza, poi all’ennesima domanda dei cronisti il tono diventa più duro, affilato, e arriva la notizia: il premier Mario Draghi, in conferenza stampa post-Consiglio dei ministri, esclude un suo impegno politico al termine della legislatura. E lo fa in modo netto, tranchant: "Tanti politici mi candidano in tanti posti, mostrando una sollecitudine straordinaria. Vorrei rassicurare che se decidessi di trovare un lavoro dopo questa esperienza, un lavoro lo troverei da solo", scherza il premier, togliendosi di mezzo in modo netto dall’agone politico del futuro, il post 2023. Altro che Draghi "federatore", del centro o altro. E anche addio a chi già sognava un Draghi dopo Draghi. Il premier esclude la possibilità di diventare un federatore di qualsivoglia area e chiarisce che il suo orizzonte è immediato: "La squadra di governo è efficiente e va avanti", spiega. Tradotto: non c’è alcun rimpasto in vista. Draghi viene da un anno esatto di governo (il suo esecutivo è nato il 13 febbraio 2021), un anno da premier a capo di una maggioranza così variegata che chiunque avrebbe fatto fatica a tenerla insieme, e un sogno sfumato da poco, il Quirinale.

L’ultimo anno di governo, quello che inizia ora, Draghi lo vede "in maniera relativamente chiara: il dovere dell’esecutivo è proseguire e affrontare sfide importanti per gli italiani che sono quella immediata del caro energia, quella meno immediata ma preoccupante che è l’inflazione, la pandemia e il Pnrr che sta andando molto bene".

Sul tavolo della conferenza stampa, da illustrare, c’era la riforma della giustizia, tema su cui la maggioranza ha faticosamente trovato la quadra. In Cdm c’è stata una "discussione ricchissima e condivisa", riconosce. Il premier assicura che ci sarà un "pieno coinvolgimento delle forze politiche nel rispetto dei tempi: niente tentativi di imporre la fiducia", che significa "priorità assoluta in Parlamento". Una "riforma ineludibile" la definisce la ministra della Giustizia, Marta Cartabia.

Ma si è parlato anche di economia, ed è proprio su questo fronte che è scoppiata una dura polemica all’interno della maggioranza. Il punto dolente è stato il Superbonus edilizio, misura che Draghi non digerisce fino in fondo ("non è che senza il Superbonus l’edilizia si ferma") e che ha accusato di essere alla base di numerose frodi ("una delle più grandi truffe che la Repubblica abbia visto"). "Se in Italia ci sono casi di frodi, che hanno bloccato i cantieri, è perché il sistema prevede pochi controlli". "Il Superbonus – ha proseguito – si è fermato non per gli ostacoli sulla cessione dei crediti ma per i sequestri deliberati dalla magistratura a fronte di situazioni fraudolente che hanno raggiunto importi di 2,3 miliardi e le somme oggetto di controllo sono molto più alte". Parole che hanno innescato l’ira del M5s, in qualche modo tirati in ballo da Draghi ("chi ora tuona ha scritto la legge"). Secca la replica dei Cinquestelle. "Attribuire i 2,3 miliardi di frodi al Superbonus è semplicemente una falsità. Il ministro Franco ha prima parlato di truffe, poi ha spiegato che bonus falsificati riguardano poco il 110. In ogni caso chiederemo un chiarimento". Il ministro grillino prova a fare il pompiere. "Bisogna ridurre a zero le frodi senza bloccare i cittadini e le imprese oneste".