di Ettore Maria Colombo Prima scherza, poi all’ennesima domanda dei cronisti il tono diventa più duro, affilato, e arriva la notizia: il premier Mario Draghi, in conferenza stampa post-Consiglio dei ministri, esclude un suo impegno politico al termine della legislatura. E lo fa in modo netto, tranchant: "Tanti politici mi candidano in tanti posti, mostrando una sollecitudine straordinaria. Vorrei rassicurare che se decidessi di trovare un lavoro dopo questa esperienza, un lavoro lo troverei da solo", scherza il premier, togliendosi di mezzo in modo netto dall’agone politico del futuro, il post 2023. Altro che Draghi "federatore", del centro o altro. E anche addio a chi già sognava un Draghi dopo Draghi. Il premier esclude la possibilità di diventare un federatore di qualsivoglia area e chiarisce che il suo orizzonte è immediato: "La squadra di governo è efficiente e va avanti", spiega. Tradotto: non c’è alcun rimpasto in vista. Draghi viene da un anno esatto di governo (il suo esecutivo è nato il 13 febbraio 2021), un anno da premier a capo di una maggioranza così variegata che chiunque avrebbe fatto fatica a tenerla insieme, e un sogno sfumato da poco, il Quirinale. L’ultimo anno di governo, quello che inizia ora, Draghi lo vede "in maniera relativamente chiara: il dovere dell’esecutivo è proseguire e affrontare sfide importanti per gli italiani che sono quella immediata del caro energia, quella meno immediata ma preoccupante che è l’inflazione, la pandemia e il Pnrr che sta andando molto bene". Sul tavolo della conferenza stampa, da illustrare, c’era la riforma della giustizia, tema su cui la maggioranza ha faticosamente trovato la quadra. In Cdm c’è stata una "discussione ricchissima e condivisa", riconosce. Il premier assicura che ci sarà un "pieno coinvolgimento delle forze politiche nel rispetto dei tempi: niente tentativi di imporre la fiducia", che significa ...
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