Mercoledì 24 Aprile 2024

Covid, Bergamo dopo la strage. "Ora c'è immunità diffusa"

Oggi solo tre tamponi su 100 sono positivi. Casi di ricontagio? Irrilevanti. L’epidemiologo Alberto Zucchi: "Gli abitanti del territorio hanno sviluppato più difese"

Migration

A primavera, durante la cosiddetta prima ondata dell’epidemia, era stata la provincia più colpita d’Italia. Otto mesi dopo, considerando marzo come il mese di picco, Bergamo si ritrova nella situazione opposta. I dati relativi al rapporto tra tamponi effettuati e tamponi positivi, secondo l’ultima rivelazione relativa alla prima settimana di novembre, è del 13%. Nel resto della Lombardia è il 21, 2%. In Italia siamo intorno al 15-16%. A marzo un nuovo positivo su cinque della Lombardia era residente nella Bergamasca con un picco del 25% il 15 marzo. Ieri, tanto per intenderci, i tamponi positivi in provincia di Bergamo sono stati il 3% di quelli registrati in tutta la Lombardia. Il primato, ormai da molte settimane, è passato a Milano con la provincia di Monza caratterizzata da una crescita esponenziale. Viene da chiedersi quali siano le ragioni di questa inversione di tendenza.

Il bollettino Covid del 10 novembre

Dottor Alberto Zucchi, lei è il responsabile del servizio di epidemiologia dell’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Bergamo, si può parlare di immunità di gregge oppure no?

"Tecnicamente no, ma sicuramente c’è un’immunità diffusa tra la popolazione, specialmente nelle zone più colpite nella prima ondata e a dircelo sono le indagini sierologiche che abbiamo fatto. In Valle Seriana, per esempio, abbiamo registrato oltre il 40% di sieroprevalenza nel campione esaminato e oggi quella zona è una delle meno colpite della provincia".

La controprova può essere rappresentata dal fatto che attualmente le zone più colpite della provincia sono quelle al confine con Milano e la Brianza che avevano sofferto meno in primavera?

"È una considerazione plausibile, a cui va aggiunto che sono zone in continuità con le province attualmente più colpite in Lombardia, Milano e Monza".

L’attenzione alle regole può avere inciso sull’inversione di tendenza?

"Sicuramente i bergamaschi hanno dimostrato e stanno dimostrando grande collaborazione. Il prezzo pagato in primavera, sia in termini di morti (+587% a marzo rispetto allo stesso mese del 2019 Ndr) che di ricoveri in terapia intensiva, ha portato una diffusa consapevolezza".

Uno dei temi più complessi in questo periodo è quello dei cosiddetti "ricontagiati"...

"Lo stiamo studiando proprio in questi giorni ma stimiamo numeri molti bassi di casi accertati. È una questione in cui pesano vari fattori".

In primavera gli ospedali bergamaschi che inviavano pazienti Covid negli altri nosocomi della Lombardia. Ora è il contrario...

"Il 40-45% dei ricoverati proviene da altre province. Nessun pronto soccorso è in sofferenza. Tuttavia è vietato sottovalutare la situazione, soprattutto in relazione ai pazienti che hanno altre patologie, prime tra tutte quelle croniche".

Cosa devono fare i bergamaschi per non tornare alla primavera scorsa?

"Continuare a rispettare le regole. È l’unico modo per contenere il contagio".