Mercoledì 24 Aprile 2024

Città a due facce Calcio e turismo illuminano Napoli Resta l’ombra dei clan

Il capoluogo campano si gode un’attrattività da capitale europea. Ma la Camorra inquina il tessuto sociale: un morto durante i caroselli.

di Salvatore Garzillo

Sono 3 ma sembrano 33. Come gli anni che ci sono voluti per vincere ancora il campionato, come gli anni di Cristo, che sulla pelle dei napoletani convive con la devozione per quel D10 scritto col numero di maglia. L’uomo (forse) arrivato come calciatore, diventato capo popolo, e col trapasso innalzato a divinità a cui chiedere miracoli. Un Salvator mundi, capace da aiutare involontariamente l’economia della città meglio di un ottimo sindaco, col quale ha in comune solo la fascia tricolore. Ma quella da capitano.

Un’economia di gadget in larga parte abusiva, illegale, che ha il cervello imprenditoriale della camorra e il volto degli ambulanti che continuano a restare al piano terra dell’ascensore sociale. Ma che gli vuoi dire? Niente, anzi li ringrazi perché puoi finalmente comprare una maglia, una sciarpa, una felpa e mille altre invenzioni marchiate Maradona a un terzo del prezzo. Che schifo la camorra, dicono, ma così possiamo festeggiare tutti vestiti di azzurro. Quella dei napoletani non è ipocrisia, è spirito di adattamento.

Chi non è napoletano fatica a comprendere la portata del momento, pensa si tratti solo di pallone. Che sciocchezza. Questo è un evento generazionale, regala ai nati dopo il 1987 (anno del primo titolo) la propria storia, la personale epica finora ascoltata dai ’grandi’ con il tono di chi c’era. Come i reduci. Questo scudetto segna il passaggio all’età adulta. Certamente corona un periodo di grazia della napoletanità tutta, dal cibo al cinema passando per il turismo intensivo, che riempie il centro storico di bed and breakfast e lo svuota di appartamenti per studenti e famiglie. Niente di straordinario, è la sorte di tutte le capitali europee di successo. L’economia dà, l’economia toglie, come la droga.

Ora però, quando la festa, la bellissima e meritata festa sarà finita, forse sarà il caso di guardarsi in faccia con onestà. Da adulti, per l’appunto. Perché Napoli ti dà gli strumenti per essere libero ma raramente ti concede di esserlo. Chi scrive è napoletano ed è una precisazione necessaria perché questa cosa possiamo dirla solo tra napoletani, perché altrimenti è lesa maestà, è come offendere la mamma, che difendi anche se ti picchia col battipanni. Di mammà mia posso parlarne male solo io, che ne sai tu? Come ti permetti? Anche se mi obbliga a vivere lontano perché altrimenti mi pagano così poco che sono costretto a dormire nella stanzetta che avevo da bambino, quando mi raccontavano l’epopea di Diego. Anche se approfitta dei festeggiamenti per ammazzare un suo figlio (il pregiudicato 26enne Vincenzo Costanzo) in un regolamento di conti tra clan a due passi dalla stazione Centrale. Anche in questo caso guai a toccare la sua onorabilità.

I neonati del Novanta compongono oggi una generazione di emigranti professionisti, non per l’esperienza nel fare valigie, ma perché eccellenti professionisti costretti a emigrare per dare dignità ai propri sforzi. E la colpa è anche di quel ’sistema’, il nome che si usa per la camorra, che si arricchisce pure col mercato del falso e dell’illecito che non vive mai la crisi. I ristoranti e gli appartamenti per i b&b si comprano anche così.

Belli i chilometri di nastri di plastica bianchi e azzurri in giro per la città, stupendi i botti e i fuochi d’artificio che colorano la notte magica, no? Che schifo la camorra, ma meno male che c’è.