Venerdì 26 Aprile 2024

Cancellato il diritto all’aborto L’America è scossa e spaccata

Dopo quasi mezzo secolo, la Corte suprema toglie alle donne la possibilità di rinunciare alla gravidanza. Ora gli Stati saranno liberi di decidere in autonomia: almeno la metà è pronta ad adeguarsi alla sentenza

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di Cesare De Carlo

L’America fa un salto indietro di 50 anni. L’aborto non è più un diritto costituzionale. Ma non per questo diventa illegale. Almeno non in tutti i 50 Stati dell’Unione. In una metà circa rimarrà legale, in quelli cioè nei quali i locali parlamenti già lo consentono o intendono consentirlo in futuro. E viceversa ridiventerà illegale, tolte naturalmente le eccezioni a salvaguardia della donna, sanitarie e sociali, se le maggioranze parlamentari dovessero cambiare. Questa premessa è doverosa per comprendere la portata della sentenza di ieri da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti. Una sentenza storica, attesa anzi scontata dopo le anticipazioni della talpa circa un mese fa. E dirompente nella sua valenza politica.

PROTESTE E CONSENSI

Il partito democratico accusa il colpo. Il presidente Biden parla di "giorno triste" e di "tragico errore". Sotto accusa la Corte ’trumpiana’ (tre dei nove giudici nominati dall’ex presidente). Nancy Pelosi, Speaker della Camera, si chiede se dopo l’aborto toccherà ai matrimoni gay. Le lobbies omosessuali, transgender, fluide eccetera costituiscono un elettorato numeroso, combattivo. E democratico. Le loro proteste si alternano ai consensi delle organizzazioni Pro Life. La polizia si mobilita. Presidia le abitazioni dei sei giudici che ieri hanno privato l’aborto della protezione costituzionale. È più di una precauzione. È una minaccia concreta, considerando che un paio di settimane fa è stato arrestato un uomo armato sospettato di voler attentare alla vita del giudice Brett Kavanaugh.

SENTENZA E LEGGE

L’America è spaccata e per qualche giorno ancora dimenticherà i tanti guai della presidenza Biden. Le emozioni e la strumentalizzazione politica prevalgono sulla ragione. Fanno dimenticare che una sentenza non è una legge. Le sentenze provengono dall’autorità giudiziaria. Le leggi dal parlamento, nella fattispecie dal Congresso. Ora si dà il caso che il Congresso americano non abbia mai approvato una legge al riguardo. Non per insensibilità o pigrizia o mala fede, ma perché gli Stati Uniti si chiamano così essendo composti da 50 Stati federati. Ogni Stato ha le proprie leggi e ne è molto geloso. La Corte Suprema deve solo garantire che queste leggi non siano in contrasto con la Costituzione e deve proteggerle contro le interferenze del governo centrale o del Congresso. Anche in materia di aborto. Accade così che venga investita di casi concreti decisi da giurisdizioni inferiori e che le sue pronunce abbiano poi un impatto determinante sulle regole degli Stati.

COMMON LAW

È nella logica della cosiddetta Common Law importata dall’Inghilterra dai coloni. Quelle pronunce fanno giurisprudenza e gli Stati ne dovranno tenere conto se vorranno evitare una pioggia di ricorsi. Questo è esattamente il caso della famosa sentenza Roe contro Wade, che ieri dopo cinquant’anni, 49 per l’esattezza, la Corte Suprema ha rovesciato in nome di una interpretazione testualista. Fu un errore, ha spiegato il giudice Samuel Alito, calabrese americano di terza generazione. Quella sentenza "non stava in piedi". Altri cinque dei nove giudici l’hanno pensata allo stesso modo. A loro parere non c’è nulla nella Costituzione ultra bicentenaria che faccia dell’aborto un diritto. Ma la sentenza di ieri non è un no all’aborto. È un no al riconoscimento di quel diritto come invece la stessa massima Corte aveva stabilito nel gennaio 1973. Il caso è noto come Roe versus Wade. Roe era lo pseudonimo legale della signora Norma McCorvey, la quale aveva già due figli e non ne voleva un terzo. Ma il Texas, dove abitava, proibiva l’aborto. Fece causa all’Attorney General, Henry Wade. Primo giudizio a lei favorevole. Altro ricorso, di Wade questa volta, ai nove super giudici di Washington. E questi diedero ragione ai giudici texani: sì il divieto del governo del Texas era incostituzionale in quanto contrario al 14 esimo Emendamento, diritto alla privacy. Una donna avrebbe potuto interrompere la maternità entro i primi tre mesi e anche dopo in casi eccezionali.

ISOLE ABORTIVE

Da allora questa pronuncia ha condizionato il comportamento degli Stati, i quali ne hanno dato un’applicazione del tutto autonoma. Alcuni continuano le pratiche abortive. Altri no. Altri infine hanno pronte le "Trigger Laws", leggi che sarebbero entrate in vigore non appena la Corte Suprema avesse deciso su Roe versus Wade. È quello che accadrà. Stando a uno studio pubblicato dal Wall Street Journal, 26 su 50 Stati vieteranno o limiteranno il ricorso all’aborto. Per esempio: Texas, Alabama, Oklahoma, South Carolina, Mississippi. Il che creerà "isole abortive", Stati nei quali invece l’aborto è consentito con o senza limitazioni. Per esempio gli Stati a governo democratico nel New England, California, nelle Rocky Mountains. Ma le conseguenze saranno meno pesanti di quanto non fosse venti o trent’anni fa, dicono molti ginecologi. L’aborto è in forte declino, meno 20 per cento. E una gravidanza indesiderata "potrebbe essere interrotta anche privatamente con i medicinali in commercio".

PRIMA DELL’EUROPA

In conclusione l’America si spacca su una questione che storicamente l’ha vista sempre all’avanguardia. È un paradosso, perché la religiosissima America ha preceduto di almeno due secoli l’Europa nella legittimazione dell’aborto. Lo riconosceva già ai primi dell’Ottocento sulla base della libertà di coscienza arrivata con i Padri Fondatori. Poi ci fu un’inversione dopo la guerra civile. Infine all’inizio del ventesimo secolo divenne un reato per riaffermarsi negli anni Sessanta e Settanta, gli anni del femminismo e della rivoluzione sessuale.