Venerdì 26 Aprile 2024

Alluvione in Emilia Romagna, il geologo: è il punto di non ritorno. "Il prossimo fronte sarà sulle coste"

Antolini: i fondi Ue impongono tempi stretti, l’innalzamento dei mari creerà problemi di scarico dei fiumi

Bolohna, 21 maggio 2023 – “Basta ragionare solo con il Pil, ci sono scelte da fare. E in fretta. Dal dopoguerra a oggi abbiamo cementificato, cristallizzato i corsi d’acqua in spazi angusti per ’strappare’ terreno per coltivazioni e usi industriali. Ma il clima – afferma Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna – incide moltissimo nello sviluppo delle società. Incise pure sul crollo dell’Impero romano".

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Siamo a un punto di non ritorno, quindi?

"I meteorologi dicono che questi eventi estremi stanno seguendo un trend, pertanto se il processo di cambiamento sarà veloce si imporranno comportamenti diversi. Ma anche un diverso modello di sviluppo, perché l’equilibrio costi-benefici sarà completamente sbilanciato sui danni da maltempo".

In Emilia-Romagna quale sarà la zona più emergenziale?

"La costa. Nel giro di 50-100 anni al massimo andranno fatte delle scelte. Le mareggiate avranno sempre maggiore forza e, con l’innalzamento globale dei mari, ci saranno problemi di scarico dei fiumi, non si potrà finanziare la ricostruzione nello stesso punto ogni volta o investire nel ripascimento di una costa che intendiamo solo per sfruttamento turistico".

Vuole dire che ci saranno emiliano-romagnoli che dovranno abbandonare i territori dove ora abitano?

"Se guardiamo alla geologia, Ferrarese, Ravennate e parte del Bolognese dovrebbero essere una palude. Ma Paesi come l’Olanda insegnano che è possibile vivere con metà territorio sotto il livello del mare creando imponenti sistemi di dighe a mare e preparando la popolazione con piani di evacuazione seri. Le soluzioni ingegneristiche ci sono, altrimenti i sedimenti marini appena 20 metri sotto il suolo di Bologna parlano da soli".

I fondi del Pnrr possono essere la soluzione per il dissesto idrogeologico?

"Dipende, se le opere sono già state progettate sì. Ma quei fondi impongono una tempistica micidiale e, ad esempio, quando un Comune mi incarica per la progettazione di una nuova scuola, servono mesi per una relazione geologica seria".

Che cosa andrebbe fatto contro il dissesto?

"Agire d’urgenza sulla montagna, puntando sul rimboschimento per trattenere l’acqua. Poi terrazzi alluvionali dove i fiumi entrano naturalmente, bacini di laminazione di ettari a valle, casse di espansione, studi sugli argini che non possono essere sempre più alti. Ma più semplicemente, ripristinare tutti quegli interventi da cantoniere che si sono persi: la pulizia delle fossette a bordo strada, dei canali nei campi. Tutti interventi che non richiedono progettazioni lunghe".

Confida che l’alluvione tra Emilia e Romagna darà una scossa?

"Ho 63 anni, da almeno 40 clienti pubblici mi chiamano per frane e dissesti. Ogni volta, stando alle dichiarazioni dei politici, si dice che è l’ultima calamità e che bisogna cambiare. Speravo fosse così con ’Italia Sicura’, ma i governi durano troppo poco e i loro provvedimenti pure".

Da geologo che pagella dà agli interventi fatti in regione?

"Vivo a Cesena e ho visto realizzare opere nel Savio che, purtroppo, stavolta non sono servite a nulla. Vedendo l’impegno delle pubbliche amministrazioni, nelle condizioni in cui sono e che di opere ne sono state fatte, io la mia regione la assolvo. Poi come geologo vorrei le cose sempre fatte meglio, ma la sufficienza la do".