Mercoledì 24 Aprile 2024

Alla premier non servono falsi problemi

Raffaele

Marmo

Il cruccio per Giorgia Meloni è non essere a Parigi, con Macron, Scholz e Zelensky. Non le polemiche su Sanremo. Ancora una volta, però, la premier deve fare, invece, i conti con gaffe e uscite improvvide di big del suo partito, del suo governo o della sua maggioranza.

Eppure, non è per un destino cinico e baro che, soprattutto nell’ultimo mese, Meloni si ritrova, più o meno quotidianamente, a dover fronteggiare casi e situazioni al limite del paradosso che, al dunque, hanno ben poco a che vedere con le emergenze e le urgenze degli italiani o anche con quelle riforme strutturali che il Paese attende da troppi anni, invano, da ogni nuovo inquilino di Palazzo Chigi.

E, invece, la premier si sta ritrovando a dover fare i conti con una sequenza di polemiche che nascono, verrebbe da dire, dal nulla, effimere e superflue, ma che finiscono per occupare e invadere il dibattito politico, fino a espellere i nodi veri che angustiano famiglie e imprese. E così al centro di querelle e scontri non ci sono (più) la guerra in Ucraina, l’inflazione, il lavoro, il fisco. No, ci finiscono il caso Cospito o quello delle lezioni in classe sulle armi. E, da ultimo, le parole di Matteo Salvini sul presidente Sergio Mattarella a Sanremo e la Costituzione.

Ma, a dispetto delle tesi più o meno dietrologiche, non siamo di fronte a tentativi di sabotaggio dell’azione di governo. Semmai, se le categorie fossero queste, dovremmo parlare di auto-sabotaggio. Ma il punto non è neanche questo.

Il punto è che, ancora una volta, bisognerebbe ammettere che una classe di governo non si inventa in 100 giorni e regolarsi di conseguenza. Così come, d’altro canto, si dovrebbe convenire che anche nel caso di chi, come Matteo Salvini, sono anni che pratica le stanze dell’esecutivo, a tratti scattano riflessi condizionati derivanti dall’ansia di visibilità elettorale. Peccato che, alla fine, a pagarne il conto siano la stessa Meloni e con lei gli italiani.