Mercoledì 24 Aprile 2024

Talotti e il salto fino al cielo. La moglie: grazie per la vita con me

Udine, Alessandro Talotti ucciso a 40 anni da un tumore. Sui social aveva raccontato la sua lotta: "Non mi spaventa". Parole commoventi della stella del pattinaggio Silvia, che aveva appena sposato: "Buonanotte amore mio"

Alessandro Talotti con la moglie Silvia e il figlio Elio

Alessandro Talotti con la moglie Silvia e il figlio Elio

Abituato a volare sospeso nell’aria, anche nel giorno della sua morte causata dal cancro a soli 40 anni, Alessandro Talotti è riuscito a far alzare al cielo gli occhi di tutti, a puntarli più in alto delle nostre miserie. A trasformare il dolore atroce di un lutto ingiusto in una forma di speranza sono arrivate le bellissime parole della sua Silvia, la donna che una settimana fa l’aveva sposato e che sei mesi prima gli aveva regalato il primogenito Elio.

"Buonanotte Angelo mio! Grazie per tutte le cose spettacolari che abbiamo vissuto assieme... grazie per il dono più grande che mi hai lasciato... grazie per essere stato semplicemente te stesso! Ti amo ora e per sempre", ha postato Silvia su Instagram con una foto che li ritrae insieme, lei ancora col pancione. Anche Silvia, che di cognome fa Stibilj, è una campionessa: triestina, 27 anni, domina il mondo nel pattinaggio artistico a rotelle. Lui ha fatto le Olimpiadi nel salto in alto, ha avuto per otto anni il primato italiano indoor volando sopra l’asticella posta a 2 metri e 32, eppure oggi non ci sono solo gli sportivi (ieri la sua squadra del cuore, l’Udinese, l’ha onorato con un minuto di raccoglimento, e il presidente del Coni Malagò si è stretto alla famiglia) a piangere e a ringraziarlo per aver affrontato la lotta contro il tumore in modo pubblico. Non è il primo, purtroppo non sarà l’ultimo, ma in questo coraggio personale che diventa messaggio senza ostentazione si scorge la stessa forza del sorriso che Talotti ha messo in mostra anche nelle ultime foto.

Silvia potrà rivedere il suo amore nei lineamenti e nei comportamenti del piccolo Elio, concepito dopo aver ricevuto la notizia della malattia. Al resto del mondo resta l’eredità di una lezione di coraggio trasmessa grazie ad un uso per una volta positivo delle potenzialità dei social: per fortuna, non ci sono soltanto gli haters, nelle praterie senza regole del web. Per fortuna c’è anche la possibilità di condividere il senso di una lotta che non perde di valore, anche se stavolta ha vinto il cancro. Anzi.

Da quando aveva saputo di essere malato, Talotti aveva condiviso la sua battaglia. Non cercava consolazione, erano le sue parole a dare forza agli altri: "I medici mi chiedevano ogni volta se me la sentivo di affrontare un nuovo ciclo di chemio, io rispondevo di sì. Se la tua vita è stata superare un’asticella a due metri e venti, il tuo corpo diventa così sensibile da percepire e amplificare anche il minimo fastidio. Il lavoro che il saltatore fa su se stesso è annullare quel dolore, risparmiare le forze e trovare segnali positivi in altre parti del corpo sottraendo energia alla negatività. Non ho mai mollato, ho superato anche gli incubi prima di entrare in sala terapie, uguali a quelli irrazionali che ti vengono di fronte a un’asticella troppo alta e ti paralizzano", raccontò qualche mese fa.

Sembra un trattato di atletica, in realtà è un manuale di istruzioni per la vita, una lezione che vale per tutti. Come questa: "Sono stato un atleta, un salto è una questione di secondi, ma dietro c’è una preparazione dura, maniacale. Ci sono fatica, sofferenza, delusione, gioia. Tutto questo mi sta aiutando, questione di allenamento mentale. Non mi spaventa la lotta, mi fa paura l’ignoto. Non mi sento come un saltatore in pedana alla terza prova, ma uno che batterà il record del mondo. Il tempo acquista un valore diverso e ci sono tante cose che mi piacerebbe fare prima che sia tardi. Ma devo vincere questa battaglia, prima di tutto". Non ce l’ha fatta, l’ultimo salto è stato verso il Paradiso. Ma non lo dimenticheremo.