Mercoledì 24 Aprile 2024

La mappa del potere. Il mondo alla rovescia

Stipendi dei dirigenti pubblici, istruzioni per l’uso. A leggere la classifica delle retribuzioni dei grandi e meno grandi commis dello Stato si può trarre più di una lezione sulla mappa del potere della burocrazia in Italia. La prima e più inequivocabile è che, nel mondo alla rovescia del Belpaese, chi più ha responsabilità reali e immediate rispetto alla gestione di servizi pubblici vitali e di rapporto diretto con i cittadini, meno guadagna. 

È il caso lampante dei presidi, che paradossalmente si piazzano all’ultimo posto della gerarchia delle retribuzioni. Eppure, ci sarà una differenza (abissale) di funzioni e compiti tra il capo di una scuola con qualche centinaio di ragazzini da educare e «sorvegliare», con le rispettive famiglie alle quali rendere conto, e il dirigente del classico ufficio del catasto o di un semplice sotto-settore della struttura di comunicazione di Inps o Inail? 

Certo che c’è. Peccato, però, che tra lo stipendio del preside e quello di un dirigente di seconda fascia di un’agenzia fiscale o di un ente previdenziale ci sono, tirate le somme, tra i 60 e gli 80mila euro annui di differenza: 62mila contro 120-140mila. E non parliamo del direttore centrale della comunicazione, che in Inps e Inail sta sui 230-240mila euro l’anno. 

Ma le lezioni non finiscono certo qui. E infatti è del tutto evidente la sproporzione retributiva tra i dirigenti della presidenza del Consiglio, ma anche del ministero dell’Economia, e quelli di quasi tutti gli altri ministeri: a favore dei primi indennità variamente chiamate, che, però, non hanno alcun nesso con differenziazioni professionali o di responsabilità dirigenziali. La differenza è nella minore o maggiore vicinanza con il potere politico o con quello della borsa.

E quello della meritocrazia mancata e della falsa remunerazione dei risultati è il terzo buco nero degli stipendi dei «manager» dello Stato. Basta scorrere uno qualsiasi degli elenchi degli stipendi dei dirigenti per scoprire come la voce del cosiddetto «premio di risultato» sia praticamente uguale per tutti i grand commis o quasi della stessa amministrazione: ora sarà mai possibile che tutti abbiano raggiunto gli stessi obiettivi e che «meritino» lo stesso premio, generosamente corrisposto nella misura massima? Fate voi.