Giovedì 25 Aprile 2024

Tra Draghi e Bruxelles. È l'ora più buia. Anche l'Europa deve capirlo

L'impatto del Coronavirus sull’economia reale ha gli effetti choccanti, improvvisi e duraturi dell’11 settembre. Nulla resterà come prima. Cambia il ruolo degli Stati, delle imprese, delle istituzioni internazionali. In Europa se ne devono fare una ragione. All’improvviso siamo precipitati in una sorta di economia di guerra, ci ha spiegato Mario Draghi nel suo intervento-bazooka sul Financial Times. Ma, come si dice, alla guerra come alla guerra. Siamo sotto attacco e ci difendiamo: l’unica arma, per ora, è il debito pubblico. Conte ha fatto bene a battere i pugni per ottenere misure straordinarie. Vedremo cosa arriverà.

Il debito pubblico è tornato a essere la linea Maginot per salvaguardare le fortezze irrinunciabili: il lavoro, le imprese e le famiglie. In una parola la coesione sociale e la tenuta del Paese. Lo spettro della recessione si aggira per l’Europa. Si rischia «un’ondata di fallimenti», citando Draghi. Non basta quindi garantire un «reddito di base», ma bisogna «proteggere le persone dalla perdita di lavoro». Questa svolta epocale si attua solo riconoscendo che i privati non possono reggere uno choc economico di questa portata e di cui non sono responsabili.

Non è la crisi dei subprime: qui chiudono le aziende, evapora reddito reale, si rischiano milioni di disoccupati, si toglie il futuro ai giovani. Debito pubblico, quindi, per pompare, come fosse ossigeno, massicce dosi di liquidità nell’economia. È la versione finanziaria delle terapie intensive. Se le macchine garantiscono l’ossigeno ai malati in rianimazione, con le risorse pubbliche si tampona il debito privato. Ma senza volere anche obbligare il corpo martoriato a un digiuno modello Troika. Sarebbe peggio della cura inflitta alla Grecia.

Ci si deve solo porre un problema su come iniettare questa liquidità per limitare gli effetti collaterali rischiosi. Strumenti agili e non prestiti che soffocano. La regia dovrebbe essere il Fondo salva Stati, senza quei vincoli pensati in un mondo diverso dall’attuale. Conte ha fatto bene a dare un ultimatum a Bruxelles: servono garanzie europee coraggiose per saltarci fuori tutti, sono inutili misure timide dettate dal capo ragioniere occhiuto.

L’iniezione di capitali deve essere un sostegno massiccio e puro: tasso zero o sottozero, restituzione lunghissima. Senza preoccuparsi dei rischi di una futura iperinflazione. Possiamo arrivare al 150/160% del rapporto debito/Pil in una cornice controllata. Ora salviamo la possibilità di avere un futuro, in Italia come nel resto del continente. La coesione sociale – e la salvezza del malato – vengono prima del rigore da manuale.