Venerdì 26 Aprile 2024

Sconfitta per tutti

di Lorenzo Sani

STEFANO Cucchi è morto di giustizia. Per quanto amara, quella della sorella Ilaria non è semplicemente una battuta. Come darle torto. È la sola verità, al momento. Ma è indiscutibile che il contraccolpo del «nessun colpevole» uscito dalla Corte d’Appello di Roma faccia male a tutti, tanto a chi è uscito vincitore dalla tornata giudiziaria, ammesso e non concesso si possa parlarne in termini di vittoria e sconfitta, quanto a chi, invece, non ha ottenuto la soddisfazione che si aspettava. Le sentenze vanno rispettate anche quando non contribuiscono a fare luce sulla verità. Ma possono avere un effetto destabilizzante, questo sì. Devastante e pericolosissimo. Non fugano le ombre peggiori, anzi le ingigantiscono, come quella che un cittadino possa precipitare in un vortice kafkiano e, nel volgere di una settimana, morire in attesa di giudizio, mentre è affidato allo Stato, come è accaduto a questo giovane poco più che trentenne. Non ottenere una risposta convincente sulla morte di Stefano Cucchi, dopo cinque anni di indagini, due processi, decine di consulenze, una perizia di duecento pagine e le dichiarazioni di quasi 150 testimoni, lascia sgomenti. Sono troppe le occasioni che mettono a dura prova il rapporto di fiducia tra lo Stato e il cittadino, che dovrebbe essere osmotico e propulsivo, non di sudditanza, come troppi episodi e troppo concentrati negli ultimi tempi lascerebbero invece supporre.

NELLA vicenda Cucchi il male della Giustizia non è la lentezza, endemica croce del nostro ordinamento civile, ma guardando al penale l’incapacità di fornire una verità giudiziaria che si sovrapponga senza sbavature a quella dei fatti. Non c’è una risposta sulla fine di un cittadino arrestato perché trovato in possesso di 29 grammi di hashish e morto dopo essere stato affidato allo Stato italiano: prima ai carabinieri, poi alla polizia penitenziaria, infine alla struttura protetta dell’ospedale Pertini di Roma, protetta da chi a da cosa Dio solo lo sa, verrebbe da chiedersi soppesando l’ironia involontaria e paradossale di quell’aggettivo. Cucchi non è morto per cause naturali, il suo non è un caso di malasanità. Dovrebbe essere lo Stato a pretendere quelle risposte che non sono ancora arrivate, per evitare che una tragedia personale, diventi qualcosa di assai più grave: un fatto collettivo.

di Lorenzo Sani