Mercoledì 24 Aprile 2024

Pd, Renzi apre sull'Italicum: "Ma non possiamo tenere fermo il Paese"

Il premier e segretario alla direzione del partito: "Italicum in commissione subito dopo il referendum". Cuperlo: "Senza accordo subito, voto no e mi dimetto da deputato"

Matteo Renzi parla alla direzione del Pd (Ansa)

Matteo Renzi parla alla direzione del Pd (Ansa)

Roma, 10 ottobre 2016 - Niente circoli ristretti, ma confronto aperto. Matteo Renzi lo ha detto chiaramente nel suo intervento alla direzione del Pd. "Questa è la direzione numero 31 dal gennaio 2014: è stata riunita in tutti i passaggi chiave. Abbiamo scelto la democrazia interna e non i caminetti dei big o presunti tale. Lo avevamo promesso nelle primarie e l'impegno congressuale vale più dei mal di pancia dei leader quindi parliamo qui", ha dichiarato il segretario dem, sottolineando che "questo Paese si è smosso dalla palude".

E proprio questo è il punto su cui il premier ha insistito. "Noi siamo qui perché dobbiamo rimettere in moto il Paese - ha detto -. Quello che deve essere chiaro è che la nostra responsabilità di tenere unito il partito non arriva a tener fermo il Paese". "Il Paese se non viene salvato dal Pd è condannato a una discussione di decenni su quello che poteva fare l'esperienza riformista e non ha fatto - ha spiegato Renzi -. Il Pd è qui per rimettere in moto il Paese. Io so qual è la mia responsabilità".

Renzi ha toccato, quindi, i temi caldi che dividono il partito. "Se ci sono persone tra di noi che hanno votato tre volte la riforma costituzionale e ora nelle urne votano no, io li rispetto ma ognuno fa i conti con la propria coerenza", ha detto ancora il premier. "Ho letto girandole di interviste, dove già qualcuno prevede il logo 'democratici per il no' - ha sottolineato il segretario dem -. Al nostro interno le ragioni di divisione sono state amplificate", ha fatto notare ma "da quando sono stato segretario non c'è mai stato un momento senza polemica interna". Poi il premier ha osservato: "Quando si fa un compromesso, deve rinunciare a qualcosa. Altrimenti non è un compromesso, significa cedere al contrario del compromesso che è il fanatismo". 

"Per me la legge elettorale non è un punto dirimente, ma essendo la riforma costituzionale più importante per il Paese il mio compito è trovare le ragioni per un punto d'incontro. Lo faccio non perché penso che la legge elettorale sia un errore", ha premesso  il presidente del Consiglio che difende l'Italicum. Scusarsi per la fiducia posta? "Siamo alle allucinazioni", ha detto il premier. 

"Ballottaggio sì o no - e sapete come la penso - premio alla lista o alla coalizione e modo in cui si eleggono i parlamentari (collegi, preferenze o - ma non lo consiglierei - sorteggio). Su questi punti apriamo una discussione profonda, seria", ha proseguito  il segretario. "Propongo che vi siano nella discussione sulla legge elettorale tempi certi: non possiamo farlo in campagna referendaria ma l'impegno è iscriverlo in discussione nelle commissioni competenti nelle due settimane immediatamente successive", ha aggiunto Renzi.

Legge elettorale, i diversi sistemi a confronto

CUPERLO - Un'apertura sulla legge elettorale ritenuta, però, "insufficiente" dalla minoranza. Come ha rimarcato anche la dura presa di posizione di Gianni Cuperlo. "Alla fine di questa vicenda ognuno saprà benissimo cosa fare, e se un accordo vero sulle cose dette qui non dovesse esserci io il 4 dicembre voterò 'no'. Ma, caro segretario, devi essere sereno perché se a quella scelta mi spingerai, io presenterò le mie dimissioni da deputato"

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"Penso che il segretario abbia sbagliato la lettura del Paese - ha detto ancora l'esponente della minoranza -. Se perdi il referendum avrai paralizzato l'Italia sul nulla. Se vinci cammineresti su diverse macerie. Abbiamo davanti settimane difficili per tutti. Se puoi non farne una battaglia di stili e di coerenze". Anche per Roberto Speranza, bersaniano, l'apertura del presidente del consiglio "è insufficiente". Quello che manca, infatti, è "l'iniziativa concreta e importante" chiesta più volte dalla sinistra del partito. Una "mossa che spetta al presidente del consiglio", visto che "il governo ha fatto approvare l'Italicum a colpi di fiducia", come ripetono ogni giorno deputati e senatori della sinistra Pd. 

ORLANDO - Con il referendum costituzionale "in gioco c'è il rischio di una involuzione del sistema democratico, perché una vittoria del 'no' sarebbe il punto sul quale si riaprirebbe una fiammata populista in questo Paese. Non se la intesterebbero di certo gli esponenti della minoranza Pd", ha detto invece il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. E sull'Italicum ha spiegato: "Io ho cambiato idea perché questo quadro di fine del bipolarismo non era così chiaro quando l'abbiamo approvato".

LA REPLICA DI RENZI - La replica del segretario ha toccato, punto per punto, tutte le critiche sollevate, soffermandosi in particolar modo sulla richiesta, quasi un aut aut, della minoranza di farsi interprete in prima persona di una proposta del Pd. "Il peccato originale di questa legislatura è il fatto di aver preso il 25% dei voti", è stata la risposta di Renzi: "Un premio di maggioranza eccessivo ci ha consentito di avere la maggioranza alla Camera, ma non al Senato. Chi viene qui a dire facciamo l'accordo nel Pd e poi siamo tutti d'accordo nega la verità dei numeri. Perché vi dico un segreto: da soli non abbiamo i numeri". Da qui l'appello e l'impegno di Renzi: "Facciamo uno sforzo per trovare un punto di caduta" sull'Italicum. "Non la considero una apertura. Garantiamo il massimo impegno da parte nostra, ma non trasformiamolo in tormentone". 

'IL METODO BUBKA' - In mattinata Renzi aveva lanciato un appello da Milano: "L'Italia deve essere patria di visione, non di divisioni". "Sono presidente del Consiglio da due anni e mezzo. Il fatto che sia diventato presidente del Consiglio, non lo dico come una battuta, significa che in Italia tutto è possibile. Non vengo da una famiglia importante, non ho quarti di nobiltà". E dopo questi due anni e mezzo, ha aggiunto, "vengo a dire che sono più convinto del giorno uno delle nostre potenzialità. Non si può continuare a dire sempre 'no' senza proporre un'alternativa". Parole chiaramente rivolte a Pierluigi Bersani, che lamenta di essere stato "trattato come un rottame". Renzi ha parlato di 'metodo Bubka': "Ogni mattina c'è qualcuno che usa questo metodo, come il saltatore con l'asta ucraino che tutte le volte che doveva saltare, alzava di un centimetro l'asticella - ha spiegato -. C'è sempre qualcuno che fa a gara ad alzare l'asticella, è questo che accade nel dibattito politico italiano". Però, ha avvertito Renzi, adesso siamo a un "bivio di fondo: ci crediamo o no nel futuro del Paese". L'Italia, rincara  Renzi, è "un grande Paese" che non deve "cadere nella cultura dell'odio".