Mercoledì 24 Aprile 2024

Cnel, sopravvissuti in festa. "Visto? Siamo utili alla democrazia"

Nella sontuosa sede dell'ente che non sarà cancellato: "Ora il rilancio"

Delio Napoleoni

Delio Napoleoni

Roma, 6 dicembre 2016 - Il sole splende su Villa Lubin. Dopo la tempesta delle scorse settimane, con l’esito del referendum di domenica si è materializzato un effetto collaterale che va oltre la crisi di Governo: il Cnel è salvo. E, con esso, si è messa al sicuro una piccola truppa di dipendenti. Sono una sessantina in tutto. A loro si aggiungono poco più di venti consiglieri. Tutti insieme hanno saltato l’ostacolo della riforma costituzionale. Anche se, in realtà, non avrebbero sofferto il licenziamento ma un comodo atterraggio alla Corte dei conti. Così, ieri mattina dalle parti della sede del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, dopo giorni di tensione, le facce erano finalmente rilassate: «Non eravamo così inutili come è stato fatto credere. Abbiamo inviato decine di pareri a Camera e Senato, se loro non li hanno letti non è colpa nostra», dice un funzionario.

TUTTI i dipendenti restano, adesso, nella sontuosa sede di Villa Lubin, palazzo in stile neobarocco e liberty nel cuore di Villa Borghese, che probabilmente è la più spettacolare sede istituzionale della capitale. Non a caso, diverse indiscrezioni davano il premier uscente Matteo Renzi intenzionato a farne la sua Casa Bianca: qualche rappresentante di Palazzo Chigi – si dice – aveva addirittura visitato la sede per prendere qualche misura. Quel progetto, però, è destinato a restare sulla carta.

MENTRE restano una realtà i costi di gestione del Cnel, pari a 8,7 milioni di euro, concentrati essenzialmente su due fronti: la sede e gli stipendi dei dipendenti. Numeri lontani dai venti milioni che venivano investiti al momento del massimo splendore della struttura, ma comunque parecchio elevati. Soprattutto se consideriamo che la funzione del Consiglio è per quasi tutti gli italiani un oggetto misterioso. Avrebbe dovuto, in teoria, assicurare rappresentatività alle parti sociali, preparando pareri, proposte e relazioni a supporto del governo. Alcune di queste competenze, però, sono rimaste lettera morta o sono state sfruttare solo in parte. «Siamo sollevati, ma forse adesso è il caso di pensare a un rilancio, visto l’esito del referendum», dice un altro dipendente. Il Cnel, insomma, da ente quasi rottamato dovrebbe risorgere dalle sue ceneri ed essere destinato incredibilmente a una nuova vita.

LA SUA cancellazione – l’unico punto che metteva d’accordo il fronte del è quello del no – sembra destinata, allora, a finire in un cassetto. «Siamo contenti di questo risultato», dice il vicepresidente Gian Paolo Gualaccini, che parla di una prossima riforma. E il presidente Delio Napoleone – che ha preso l’incarico dopo le dimissioni di Antonio Marzano nel 2015 – addirittura rilancia: «È stato riconosciuto il nostro ruolo come valore aggiunto della democrazia». Quindi, «domani riuniremo l’ufficio di presidenza. Chiederemo di incontrare i vertici istituzionali e il capo dello Stato». Da oggi, insomma, per il Cnel inizia una seconda giovinezza.