Mercoledì 24 Aprile 2024

La scienza non è tutto

LA SCIENZA, con le sue nuove tecniche e nuove analisi, sembra che negli ultimi anni abbia sconvolto il modo di intendere l'investigazione. Tanto che nella stragrande maggioranza dell'opinione pubblica, forse impressionata dalle fiction e dalle trasmissioni televisive su casi criminali attuali, si sta facendo strada l'idea che sia proprio la scienza a rivestire un ruolo primario e fondamentale per dimostrare la colpevolezza di un imputato. Generalmente, però non è così. E questo perché, oltre all'eventuale contributo scientifico, occorre che chi indaga abbia raccolto elementi propri dell'investigazione classica o tradizionale, che a chi scrive piace definire "pura". Elementi (indizi o fonti di prova) acquisiti con perseveranza e capacità professionale nei modi e nei tempi giusti, utilizzando gli strumenti previsti dal codice di procedura penale (sopralluogo, intercettazioni, telefoniche e ambientali, assunzioni di informazioni di persone informate dei fatti, perquisizioni, sequestri...), facendosi guidare dalle proprie intuizioni e talvolta pure da quanto l'istinto gli suggerisce di fare in quel particolare contesto fattuale e temporale. Intuizioni e istinto, proprie di ogni singolo investigatore, che contribuiscono in maniera anche rilevante a fare la distinzione uno dall'altro.

ECCO allora che si potrà parlare di un’investigazione efficace con la formazione di un quadro probatorio in cui il risultato scientifico potrà coniugarsi con quello delle tecniche classiche. Ecco allora che solo in questo modo si potrà conseguire l’obiettivo primario che altro non è che il raggiungimento di una certezza che sia la più completa possibile senza alcun condizionamento frutto di teorie, proprie o di terzi, magari suggestive, dalle quali ci si potrebbe innamorare dopo una primissima valutazione. E sarà proprio quel quadro probatorio, poi condiviso dal pubblico ministero, dominus dell’inchiesta secondo il codice, a essere portato a conoscenza dei giudici di merito per le loro opportune valutazioni secondo il principio del libero convincimento proprio del nostro processo penale. Ora è di tutta evidenza che, di fronte a un quadro probatorio forte perché caratterizzato da elementi dell’investigazione classica e di contributi scientifici, il convincimento dei giudici nei vari gradi di giudizio con tutta probabilità sarà uniforme consentendo il raggiungimento di una certezza giurisprudenziale in tempi abbastanza ragionevoli. INVECE un quadro indiziario, che trova la sua origine esclusivamente o quasi nel risultato scientifico, difficilmente potrà avere lo stesso esito positivo, perché la scienza è opinabile e quel determinato risultato potrà essere valutato in maniera diversa e soggettiva dall’accusa e dalla difesa. E recentemente ne abbiamo avuto prova con il famoso processo per l’omicidio della povera studentessa inglese Meredith Kercher, i cui processi da un grado all’altro di giudizio si sono contraddetti anche per le diverse valutazioni dei giudici sui risultati scientifici. Ieri si è aperto il processo a carico di Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio a conclusione di un’indagine che ha seguito un percorso inverso a quello naturale, avendo preso le mosse dall’esame scientifico (Dna) per identificare l’assassino nei cui confronti le vere indagini classiche sono state avviate dopo la sua cattura in un tempo forse tardivo. E questo metodo, a mio giudizio anomalo ma evidentemente resosi necessario dalla complessità del caso, fa sorgere un interrogativo: si arriverà a una certezza giurisprudenziale in tempi ragionevoli?