Mercoledì 24 Aprile 2024

Baby squillo da 7mila euro al mese. "Ragazze, non fate come me"

Prostituta a 17 anni. "I soldi al mio uomo per non perderlo"

L'avvocato Francesco Miraglia con la giovane traumatizzata dall'esperienza di baby squillo

L'avvocato Francesco Miraglia con la giovane traumatizzata dall'esperienza di baby squillo

Roma, 30 ottobre 2016 - È la storia di una baby squillo modenese. Si prostituiva in casa ed è finita davanti al Tribunale dei minori; anche il compagno è stato rinviato a giudizio perché non ne ha impedito l’attività. La giovane, che aveva 17 anni all’epoca dei fatti, viene difesa dall’avvocato Francesco Miraglia e racconta la sua verità: quella di un’adolescente che, per non perdere l’uomo amato, decide di improvvisarsi squillo. Pentita oggi per una scelta che le ha cancellato il sorriso, e reso più difficili i sogni.

Perché ha iniziato a prostituirsi?

«Il mio compagno non mi ha mai obbligato, è vero. Ma mi ha fatto capire che se non avessimo avuto soldi a sufficienza, visto che poco dopo l’inizio della nostra relazione è rimasto senza lavoro, se ne sarebbe andato all’estero e io non volevo perderlo. Era il mio punto di riferimento; così ho pensato che, in quel modo, sarei riuscita a mantenere entrambi».

Quando l’ha conosciuto?

«Avevo da poco compiuto 16 anni e lui ne aveva 44. Gestiva un locale dove andavo a spesso ballare. In casa avevo una situazione difficile, dalla quale non vedevo l’ora di fuggire, e quell’uomo mi faceva sentire protetta».

Quindi si è trasferita da lui?

«Sì, poco dopo, anche se ancora studiavo. Quando però sono arrivata a casa sua, ha smesso di lavorare. Ero innamorata e ‘cieca’ e, quando abbiamo parlato di quella soluzione insieme, ho pensato potesse essere una buona idea. Soprattutto perché volevo evitare che mi lasciasse per cercare lavoro all’estero».

Ha iniziato subito a ricevere clienti in casa?

«Circa un anno dopo; mi ha lasciato l’appartamento affinché lo ‘preparassi’ in modo da renderlo accogliente. Ho messo l’annuncio on line e subito sono arrivate decine di chiamate».

Cosa ha provato la prima volta?

«Non so spiegare il perché, ma inizialmente è stato semplice. Non mi faceva paura, non provavo niente. Ricevevo dai due ai cinque clienti al giorno e riuscivo a guadagnare anche settemila euro al mese. Anche perché spesso si trattava di clienti facoltosi, felici di pagare una ragazza tanto giovane».

Il suo compagno intanto aveva ripreso a lavorare?

«No, spendeva quasi tutto il denaro alle macchinette, tanto che io con quei soldi mi sono comprata al massimo una maglietta. Lui non accettava di avere un tenore di vita più basso».

I clienti sapevano della sua minore età?

«Quasi nessuno in realtà, se non l’uomo, all’epoca 65enne, che poi mi ha denunciato. Mi era stato presentato come un imprenditore in cerca di compagnia; dopo qualche pranzo, pur sapendo della mia minore età, ha voluto andare in hotel. Quando però abbiamo cercato di entrare in camera, la direzione dell’hotel, vedendo i miei documenti, lo ha bloccato».

Lui però l’ha denunciata per aver tentato di estorcergli denaro...

«Ci sono stati altri incontri ma le cose non sono andate come le ha raccontate lui. In ogni caso dal tribunale dei minori ho ottenuto la messa alla prova e svolgo volontariato alla croce blu. Sono una persona diversa adesso e io e il mio legale confidiamo nel perdono giudiziale. Attendiamo fiduciosi l’udienza di febbraio».

Quando ha cominciato a sentire il ‘peso’ del mestiere?

«Quando ho lasciato la scuola. Non riuscivo più a relazionarmi con le mie compagne. Come potevo essere una studentessa normale sapendo che al pomeriggio, a casa, facevo quel che facevo? Desideravo solo poter cancellare il passato, ma non era più possibile. E soffrivo».

Il suo compagno le ha mai chiesto di smettere?

«No, anzi, mi ha fatto scrivere una lettera in cui dichiaravo che anche il nostro rapporto era consenziente. È assurdo che io sia stata descritta come l’ideatrice di tutta questa storia. Avevo 16 anni, nessuna esperienza. Ero invaghita e non mi rendevo conto della terribile strada che stavo per intraprendere».

Cosa sente di dire alle tantissime ragazzine che ‘arrotondano’ le paghette vendendo o mettendo on line i loro corpi?

«Di smetterla e subito. Non serve a nulla anzi, logora. I soldi non fanno la felicità. Ad appagare sono la dignità e l’onestà. Io ora pagherei per tornare a essere quella studentessa che viveva con mamma e papà e che aspettava con ansia la paghetta settimanale».

Cosa vede nel suo futuro?

«Una vita normale. Lavoro e continuo a fare volontariato. Quando riuscirò a lasciarmi tutto alle spalle, vorrei aiutare altre ragazze che come me ogni giorno si trovano a fare i conti con il loro passato. Vorrei entrare nelle scuole e mettere in guardia le adolescenti. Non c’è un solo lato positivo nel vendere il proprio corpo. Anzi, ogni mano che ti tocca, è una coltellata che lascia cicatrici indelebili».