Venerdì 26 Aprile 2024

CONTADOR MISURA LA FEBBRE AD ARU

dall'inviato Angelo Costa Imola (Bologna) COME un colpo di tacco di Messi a metà campo: basta lo scattino di Contador in cima ai Tre monti ad esaltar la folla. E ad accendere il dibattito: è lui il vero padrone del Giro? Quasi sicuramente sì, ma non si può certo pretendere la risposta da una tappa annunciata come un frullatore e anestetizzata dalla solita fuga a lunga gittata. Ben altri (e alti) terreni avrà il Pistolero per mostrare la sua superiorità, già ampiamente trapelata: bua o no alla spalla, caldaccio o pioggia, ascesa o picchiata, da Sanremo in qua lo spagnolo in difficoltà non si è visto mai. In difficoltà, Contador deve aver visto Aru: per averne la certezza, lo spagnolo dà un colpo di gas sull'ultimo strappetto di una giornata bagnata e faticosa. Ottiene un mezzo risultato che non fa classifica: non trova il giovane rivale pronto alla replica. «Non ce l'aspettavamo», ammette Tiralongo, fido scudiero del sardo. Soddisfatto per la provocazione riuscita, Contador fa la vecchia': «L'istinto mi ha detto che qualcuno dei miei rivali non stava benissimo e credo di non essermi sbagliato. Nel grandi giri hai giornate buone e altre meno buone, oggi però non c'era terreno per fare differenze. Io padrone del Giro? Chi lo dice non sa di ciclismo, la strada è lunghissima e nemmeno Porte, dopo ciò che gli è successo, è fuori». Fuori o dentro, non ci vorrà molto a capirlo: se ne riparla sabato, nella crono extralarge fra i vigneti del Prosecco a Valdobbiadene. Ammesso che fino ad allora se ne stiano tutti buoni: se Aru intende presentarsi in rosa all'esame contro il tempo, l'ultima occasione buona è oggi, sulla rampa finale del monte Berico, sopra Vicenza. Servirebbe ad agitare una concorrenza che non si annoia mai: in particolare Uran, che all'ultimo passaggio nell'autodromo riesce nell'impresa di ruzzolare da solo nel rettilineo d'arrivo, largo come un'autostrada, ammaccandosi un po'. Scattino di Contador a parte, di una giornata così resta un paio di cose. La prima: il successo di Ilnur Zakarin, 25 anni, segnalatosi alla vigilia del Giro per aver vinto un Romandia arricchito da Nibali, Quintana e Froome. Al russo, fin qui poche vittorie e uno stop per doping, basta un solo allungo, sui Tre monti, a una ventina di chilometri dalla fine, per liberarsi di nove compagni d'avventura. La seconda: l'enorme pubblico sul circuito finale, distribuito fra autodromo e collina, una festa popolare di quelle che rendono il ciclismo uno sport unico.