Mercoledì 24 Aprile 2024

Schwazer, giallo infinito: "Ecco la verità"

Da oggi la docuserie su Netflix sul marciatore sospeso per doping e riabilitato dalla giustizia ordinaria: "Mi ha salvato la famiglia"

Schwazer, giallo infinito: "Ecco la verità"

Schwazer, giallo infinito: "Ecco la verità"

dall’inviato Doriano Rabotti

Non c’era neanche bisogno di aggiungere niente: più che una docuserie in quattro puntate, la storia di Alex Schwazer che da oggi sarà su Netflix (prodotta da Indigo Stories) sembra un giallo giudiziario.

E lo è: la giustizia sportiva ha squalificato il marciatore azzurro oro a Pechino per otto anni per doping, quella ordinaria di Bolzano ha sancito che la provetta era stata manipolata. Ma nessuno ha cancellato la squalifica che ha messo fine alla carriera di Alex: per questo c’è un ricorso aperto alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo, per questo sempre a Bolzano c’è ancora un procedimento penale che però non arriverà in tempo, perché tra un anno i reati andranno in prescrizione. E mentre il mentore di Schwazer, Sandro Donati, avverte che il doping si è fatto meno spudorato, ma esiste ancora ("il sistema è studiato ad arte per non colpire, speriamo che questa docuserie serva a scuotere"), Alex ha voltato pagina.

Schwazer, che cosa fa oggi?

"Alleno podisti amatoriali, la squalifica non mi permette di farlo con gli altri. Ma è una grande soddisfazione portare un appassionato al suo obiettivo, correre una maratona in tre ore. Non andrà sui giornali, ma per lui è un traguardo".

Non ha perso fiducia nello sport?

"No, mi tengo in forma, anche se non potrò andare a Parigi, lo sport mi fa bene e mia moglie è contenta, così non mi deve sopportare. Ma lo sport è come la vita, ci sono cose belle e brutte. Sono grato per quello che mi ha dato, da bambino sognavo di fare le olimpiadi e poi le ho addirittura vinte".

La famiglia le ha salvato la vita.

"Sono stato fortunato, nel momento più brutto è arrivata la bella notizia che mia moglie era incinta".

Si è mai chiesto: perché proprio lei e Donati? Quanti casi Schwazer non conosciuti ci saranno, nel mondo?

"Il punto di partenza è stato il database di Bolzano scoperto da Donati (nel quale c’erano le prove di valori anomali degli atleti russi mai sanzionati, ndr). Non ho mai pensato che si arrivasse a tanto, ma quando sei la vittima e il tuo avversario è una istituzione molto potente non è facile, tu parti sempre in grande svantaggio".

Rimpianti?

"Ho imparato a vivere concretamente nel presente, non mi interessano le ipotesi. Pensare a come sarebbe andata se avessi agito diversamente è inutile. Le cose le puoi valutare nel momento in cui accadono. Adesso non mi doperei mai più, adesso mi concederei una pausa. All’epoca non era così. Ho un grosso rimpianto di aver fatto queste scelte, ma posso capirmi. Non è una giustificazione".

In che senso si capisce?

"Perché sono tornati a gareggiare tanti atleti russi che non davano alcuna garanzia. Io non avrei mai accettato un ritorno di questo tipo, per me le regole dovrebbero obbligare a fare qualcosa di più a chi torna, io ci avevo provato. Ero convintissimo che la cosa giusta fosse chiedere a Donati, allora".

Si aspetta effetti concreti dalla docuserie?

"Io non ho aspettative in qual senso, non ho accettato di farla per questo. L’ho fatto per avere il tempo per raccontare tutto, sennò è difficile far capire le cose. Terapeutico? No, è stato anche difficile ricordare cose successe 15-20 anni fa".

Il momento più duro da rivivere?

r"Rio, io che mi alleno sulla ciclabile mentre aspetto il verdetto e poi devo tornare a casa. Non è facile, dopo tutti i sacrifici, il tempo, gli investimenti. Pensare: domani ci sarà la gara, e non esserci è ancora una mazzata incredibile. Mia moglie mi aveva detto di essere incinta prima di partire per Rio, quando sono tornato per fortuna la vita mi ha chiamato a muovermi. Nella sfortuna è stata questa la mia fortuna".

Cambierebbe qualcosa?

"Diciamo solo che avrei desiderato un finale molto diverso, potendo scegliere.."