Venerdì 26 Aprile 2024

"Penso già a Parigi, ma dobbiamo svoltare"

Garozzo, oro a Rio, argento a Tokyo nel fioretto: "Cerioni sa come si fa a vincere, abbiamo gestito male la lettera contro Cipressa"

di Doriano Rabotti

A 29 anni Daniele Garozzo, dopo l’oro nel fioretto a Rio 2016 è tornato sul podio anche a Tokyo, battuto solo in finale da Cheung Ka Long, atleta di Hong Kong.

Garozzo, due mesi dopo che sapore ha quell’argento?

"All’inizio bruciava tantissimo, perché fare il bis sarebbe stato pazzesco: a livello maschile c’era riuscito solo Nedo Nadi, prima della guerra...Ma oggi a freddo non dico più neanche ’purtroppo’, tornare sul podio è stata una soddisfazione e un argento merita considerazione".

Sono stati Giochi così diversi, al di là delle gare?

"In pedana è stata un’Olimpiade come un’altra. In quel momento non pensi al contorno, ti concentri sull’evento agonistico. Ma in generale è stato brutto, la cerimonia senza il pubblico soprattutto. Erano le gare della ripartenza ed era necessario farle, ma il Covid ci ha sicuramente tolto qualcosa".

La scherma ci ha abituato troppo bene, quando non arrivano medaglie si parla di crisi.

"È la nostra condanna. La realtà dei fatti è che quando vinci sembra scontato, nessuno si accorge che hai fatto la storia come invece succede quando lo stesso risultato arriva in una disciplina in cui abbiamo meno tradizione. E a me dispiace tanto perché spero che questa mentalità possa cambiare. L’atleta di Hong Kong che mi ha battuto il giorno dopo aveva mezzo milione di follower ed era l’idolo di una nazione. Negli Usa la prima campionessa olimpica ha ricevuto un post di complimenti da Mark Zuckerberg, il signor Facebook. Quando ho vinto io a Rio, non dico che fosse una cosa normale, ma ho notato che l’abitudine alle medaglie ci penalizza. E questo è triste per noi".

Il vostro è uno sport che sparisce, tra un mondiale e l’altro, un’Olimpiade e l’altra.

"È vero, è un aspetto che dobbiamo riuscire a cambiare noi per primi, trovare un modo per comunicare la nostra esistenza negli spazi tra gli eventi".

Perché dopo i Giochi avete firmato tutti una lettera per far cambiare il ct Cipressa?

"I modi del ribaltone non sono stati quelli che avrei voluto. La lettera era destinata al presidente, uno di noi l’ha fatta uscire e data ai giornali, ci eravamo detti di non farlo assolutamente. Ancora non abbiamo capito chi è stato, sicuramente qualcuno che vuole male a Cipressa. Quella uscita era una bozza, nella lettera vera il tono era più conciliante, chiedevamo un cambiamento, ma non volevamo che sembrasse uno scaricabarile".

Adesso ci penserà Cerioni?

"E’ un ct esperto che sa come si vince".

E’ vero che non ci sono ricambi dietro i big?

"Qualcuno c’è, ma la media è più bassa, è innegabile. Tra i giovani Marini può diventare un campione, il resto è una bella sfida per ricostruire verso Los Angeles 2028. A Parigi 2024 spero di esserci ancora io..."

Come avete vissuto i mesi del lockdown?

"Io ero in campagna a Ponte d’Arbia, nel senese, con la mia ragazza Alice Volpi, che pure è nazionale di fioretto. Stare in mezzo alla natura ci ha aiutato, ci siamo inventati allenamenti negli spazi aperti con bottiglie di plastica e ceppi di legno. Poi siamo tornati in palestra".

Avere una fidanzata che fa lo stesso sport aiuta o pesa?

"Condividere gioia e frustrazione può essere utile, ma quando l’altro è in gara la tensione si moltiplica e non la puoi dividere. La sofferenza è maggiore".

Jesi, Livorno, Frascati dove si allena lei, i circoli di Sicilia e Lombardia: la scherma è una vetrina dell’Italia dei paesi.

"È anche uno sport di nicchia, che vive dove c’è tradizione. Ma sarebbe bello uscire da questo trend, puntare a un numero di tesserati come il volley. Le tante medaglie che abbiamo vinto non hanno riscontro nei tesserati, in Francia hanno numeri pazzeschi. Una volta l’ambasciatore italiano a Budapest citò il nostro sport come simbolo del Made in Italy, insieme con il cibo, la lirica, i bei vestiti".