Mercoledì 24 Aprile 2024

Coronavirus, Serie A: lo scudetto è un rompicapo

La Lega cerca di risolvere il caos calendari: l'ultima idea per recuperare Juve-Inter è il 9 marzo. Ma tutto finisce nel vortice degli interessi

Lo stadio di San Siro chiuso (Ansa)

Lo stadio di San Siro chiuso (Ansa)

Roma, 2 marzo 2020 - Il corto circuito è evidente. E non solo a causa di questo calcio in quarantena. No, lo è perchè nonostante gli sforzi del management della Confindustria del pallone, dal numero uno Dal Pino all’ad De Siervo, la voglia dei club di uscirne compatti ha ceduto presto al singolo interesse. Ed è anche per questo che il Consiglio di Lega, dopo la conference call di ieri, ha convocato un’assemblea urgente mercoledì a Roma. Nel frattempo, la Lega lavora sulle ipotesi di recupero delle gare rimandate al 13 maggio.

Lecce-Atalanta 2-7 / Cagliari-Roma 3-4

Di sicuro, sull’idea di rinviare la 27ª giornata per recuperare le sei partite sospese sabato. In questo modo, una volta scaduto (l’8 marzo) l’obbligo di porte chiuse in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto e nella speranza che non sia prorogato, le gare si giocherebbero tra il 9 marzo, data nella quale si vorrebbe recuperare Juve-Inter, e il 10 marzo. In ogni caso, su questa ipotesi oggi si dovrebbe sapere qualcosa, mentre si lavora – e si è lavorato, come vedremo – ad altre ipotesi per anticipare i recuperi, l’alternativa resta quella di confermare la 27ª giornata.

La Lega ha diviso il turno del prossimo weekend in tre fasce geografiche. Nella prima le regioni senza problemi, nella seconda quelle come Piemonte e Friuli dove l’allarme rosso è già rientrato e si dovrebbe giocare a porte aperte. Nella terza, la più delicata, dove troviamo le tre regioni della zona rossa. Anche in questo caso, la Lega ipotizza di spostare le cinque partite coinvolte nei divieti – Atalanta-Lazio, Verona-Napoli, Spal Cagliari, Inter-Sassuolo e Bologna-Juve – a lunedì 9 o martedì 10, che senza la proroga degli stessi divieti si disputerebbero a porte aperte.

Dalle tensioni delle ultime ore, emerge come l’Inter sia al centro del corto circuito. E dalle stanze di via Rosellini si sottolinea come il club nerazzurro sia arroccato su posizioni di intransigenza in un momento in cui, è evidente, il caos è figlio degli eventi in un Paese in tilt. E allora, c’è amarezza in Lega per il rifiuto nerazzurro di giocare Juve-Inter 24 ore dopo (oggi) rispetto alla data prevista. Così come il ‘lodo De Laurentiis’ e cioè la proposta di spostare le semifinali di Coppa Italia per far giocare Juve-Inter in mezzo a questa settimana, è stato respinto dall’Inter, ipotesi cavalcata e condivisa da molti ieri compreso il numero uno del Coni Malagò: «E’ la soluzione migliore».  Ipotesi che aveva incassato il sì di Napoli e Milan ma il no dell’Inter e dunque tramontata poche ore dopo.

E arriva la notizia che il governatore della Liguria Toti decide di chiudere le porte per Samp-Verona e la Lega di A non può far altro che rinviarla al 13 maggio. Ecco, in questo episodio c’è la sintesi della situazione: è il governo – centrale o locale – che arbitra la partita dei calendari, tra divieti e stadi sbarrati, non la Lega di A che, una volta recepita l’indicazione della politica, deve trovare soluzioni. La vecchia storia della patata bollente, per intenderci.

E allora in Lega l’amarezza è nei confronti di chi (Marotta) da un lato sostiene come il campionato sia falsato con il recupero fissato al 13 maggio e dall’altro sia stato intransigente su ogni ipotesi di recupero anticipato. Sulle porte chiuse, poi, il timore e anche qualcosa in più – alcuni club hanno minacciato azioni risarcitorie, come il Brescia – è nella rivolta della ‘grana’ e cioè i club pronti a dare battaglia legale per i danni economici derivanti dagli stadi sbarrati.