Venerdì 26 Aprile 2024

Petra: il sogno realizzato di Francesca

Petra

Petra

Laureata in Viticoltura ed Enologia, CEO del Gruppo Terra Moretti Vino, Francesca Moretti ci racconta le origini della sua sconfinata passione per il vino e il suo profondo legame con Petra.

Francesca, da cosa nasce la sua passione per il vino?

Potrei cavarmela dicendo che è un “vizio” di famiglia. Mio padre Vittorio, infatti, ha sempre avuto una straordinaria passione per il vino e da questa è nato il suo desiderio di trasformare quello che all’inizio era un hobby in un’attività strategica per il nostro Gruppo. Per quanto mi riguarda, sto trasmettendo a questo lavoro anche la mia passione per la terra, la natura, perché sono convinta che oggi il valore del vino non risiede solo nelle sue caratteristiche qualitative ma anche e soprattutto nei suoi valori culturali, di rispetto dei consumatori, dell’ambiente, del paesaggio.

Natura e tecnica, intuito e razionalità: è difficile trovare un equilibrio per ottenere prodotti d’eccellenza?

Sicuramente si tratta di un mix equilibrato tra scienza, tecnica ma anche grande intuito umano. Non a caso, come ci hanno insegnato i francesi, la qualità di un vino scaturisce dall’influenza del cosiddetto terroir che è un concetto molto ampio e allargato ai diversi elementi che caratterizzano la qualificazione di un vino. E cioè l’ambiente (clima, in primis), il suolo (uno dei principali elementi che influenzano la natura di un vino), il sistema di allevamento, il vitigno e, per ultimo, non certo per importanza, l’uomo con la sua competenza e filosofia produttiva.

Fare il vino è un “mestiere” antico e legato tradizionalmente all’universo maschile: come è riuscita una donna, peraltro giovane, ad acquisire stima in questo settore?

Fortunatamente, da tempo, questa caratteristica si sta perdendo. Anzi, mi verrebbe da dire che proprio il comparto vitivinicolo da tempo si sta evidenziando come uno di quelli maggiormente caratterizzati dalla managerialità al femminile. E questo perché penso che noi donne abbiamo una serie di caratteristiche che si sposano in maniera ideale a questa professione, dove si deve abbinare sempre competenza professionale e sensibilità umana.

Che cosa rappresenta per lei Petra? Quali sono state le sfide – produttive e non solo - che a Petra ha affrontato?

Petra è innanzitutto un sogno. Il sogno di creare in Toscana un’azienda dallo spirito “francese”. E non solo nel senso di produrre grandi vini da vitigni internazionali come il Merlot e il Cabernet Sauvignon, ma soprattutto legare i nostri vini di Toscana alla vera vocazionalità del territorio di produzione in maniera autentica senza nessuna forzatura. Per questo motivo, base fondamentale della nostra produzione in Petra è il concetto dei Cru e cioè vigneti specifici dai quali nascono i nostri vini in tiratura limitata, per garantire non solo eccellenza qualitativa, ma diretta corrispondenza tra vini e vigneti d’origine. Siamo poi in Val di Cornia, un’area che stiamo studiando ancora oggi e che si dimostra uno dei migliori territori a livello internazionale per la produzione di vini “bordolesi”, ma capaci di esprimere una precisa identità “toscana”. Lo stesso vale per il Sangiovese, che in questo lembo di Toscana esprime una sua peculiarità identità.

Quanto tempo trascorre in Toscana? Che cosa la affascina e cosa le risulta meno comprensibile di una terra che è diventata un po’ sua?

Cerco di passare il maggior tempo possibile perché sono convinta che produrre vino ad alto valore identitario significhi anche vivere il territorio di produzione, respirarne l’aria, assorbirne lo spirito. Per me entrare in Petra ogni volta è un’emozione e penso che rappresenti uno dei luoghi più suggestivi della Toscana, dove la collina incontra il mare, elemento, quest’ultimo, che condiziona fortemente anche le caratteristiche qualitative dei nostri vini.

Oltre al vino quali sono le sue grandi passioni?

Al primo posto sicuramente la famiglia. E questa non è certo una frase fatta o scontata. Per me conciliare professione e famiglia è un impegno fondamentale della mia vita. E penso che riuscirvi significhi migliorare anche sul profilo professionale. Poi c’è sicuramente lo sport, l’attività fisica e nutro anche una grande passione per le moto e la barca a vela. Quest’ultima una passione ereditata da mio padre.

Il suo ruolo in azienda le ha permesso di viaggiare ed entrare in contatto con le maggiori realtà vitivinicole mondiali: quali esperienze produttive in particolare l’hanno colpita negli ultimi viaggi?

La Francia rimane per me il paese vitivinicolo di riferimento. Da ogni viaggio in Francia riporto a casa qualcosa di utile per il mio lavoro. Non è un caso, penso, che proprio da un viaggio da sedicenne a Bordeaux e Borgogna sia nato il sogno di Petra. Ma, più in generale, tutti i miei viaggi nel mondo mi consentono di arricchire il mio patrimonio umano e professionale e penso che per produrre grandi vini sia necessario mantenere costante un elevato livello di curiosità e apertura verso l’esterno.

Un avveniristico tempio del Vino

Concepita dall’architetto svizzero Mario Botta, la Cantina si presenta come una struttura avveniristica, caratterizzata da una planimetria articolata, che in altezza assume la forma di un cilindro sezionato da un piano inclinato, circondato ai margini da due ali laterali schermate da lunghi porticati. Il progetto, che per alcuni aspetti rimanda alle antiche residenze della campagna toscana, unisce il disegno della vegetazione a quello architettonico: alla sommità del blocco cilindrico, si inserisce la vegetazione, che col susseguirsi delle stagioni, cambia di colore rendendo variabile nel tempo la struttura stessa.

Il corpo centrale, tagliato esternamente da una scalinata, ospita i serbatoi per la vinificazione e, al piano terreno e nel sottosuolo, le botti per l’invecchiamento.