Venerdì 26 Aprile 2024

Digital divide, una sfida da vincere "L’innovazione sia leva di crescita"

La tecnologia alla base delle scelte di sviluppo aziendale al centro del digital panel di Quotidiano Nazionale

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di Annamaria Lazzari

Nuove tecnologie al servizio delle imprese, dalla sostenibilità all’accesso al credito attraverso la smart economy. Ma con una precisazione chiara: portare infrastrutture non basta per ottenere sviluppo. Bisogna superare anche il digital divide cognitivo. Di questo si è parlato ieri nell’evento digitale ’L’innovazione come leva di crescita e inclusione. Le sfide da affrontare per superare il digital divide’ promosso dal nostro gruppo editoriale. A dialogare con il responsabile di QN Economia & Lavoro, Sandro Neri, si sono alternati Stefano Fasani, Open-es Program Manager e Eni Head of Procurement Innovation, Francesco Brami, CEO e co-founder di Change Capital, Paolo Barberis, fondatore di imprese digitali come Nana Bianca e Dada, e Simone Ombuen, moderatore del sottogruppo Rigenerazione Urbana del Gruppo di lavoro del Goal 11 dell’ASviS e professore associato in Urbanistica all’Università degli Studi Roma Tre.

Il digital panel si inserisce nell’ambito del progetto Qn Città Future, una serie di sei tavole rotonde dedicate ai temi che caratterizzano il concetto di ’Smart cities’, ovvero le cosiddette città intelligenti. La tecnologia può aiutare le imprese nel percorso di sviluppo sostenibile. "Le imprese di ogni dimensione e settore – afferma Stefano Fasani : sono oggigiorno chiamate, da sempre più direzioni, a misurare il proprio profilo di sostenibilità e intraprendere un percorso di miglioramento. Gli istituti finanziari e assicurativi e i capo-filiera industriali devono richiedere queste informazioni e approccio a clienti e fornitori per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e le evoluzioni normative che sempre più ragionano in ottica complessiva di catena del valore. Tutto questo se non inserito in un percorso di sistema si traduce in un proliferare di richieste differenti e scollegate con un aggravio burocratico in capo alle aziende difficilmente sostenibile, specie nel caso delle pmi. Per questa ragione è stata lanciata Open-es, un’alleanza tra mondo finanziario, industriale e associativo che offre gratuitamente una piattaforma digitale che accompagna tutte le imprese nel percorso di misurazione, miglioramento, condivisione e collaborazione sui modelli standard di sostenibilità. Un invito aperto a tutti a cui auspichiamo sempre più aziende vorranno aderire, perché questa è una sfida che può essere vinta solo insieme". L’iniziativa conta oggi già più di 7.500 imprese, e importanti partner di diversi settori (Eni, BCG, Google Cloud, Accenture, Iveco Group, Snam, Rina, KPMG, WeBuild, Autostrade, Techedge, Baker Hughes, Saipem, illimity Bank, ESG European Institute, Luiss Business School e SDA Bocconi).

Accedere alla liquidità con un solo clic. La mission di Change Capital, start up fin tech che innova l’accesso al credito per le Pmi, riducendo i tempi di risposta e la burocrazia attraverso un connubio human-tech. "Con unica piattaforma – ha illustrato il ceo e co-founder di Change Capital, Brami – aggreghiamo le soluzioni dei più affidabili operatori del settore finanziario e anche quelle di finanza agevolata. Inserendo la sola partita Iva un algoritmo proprietario identifica rapidamente quelle più appropriate: con un clic un’azienda può conoscere la liquidità a cui può accedere e le opzioni eleggibili. Ma non ci affidiamo solo alla tecnologia. Il nostro team di consulenti – ha concluso – accompagna l’imprenditore alla scelta più consona alle esigenze dell’azienda e all’erogazione. In tre anni sono più di mille le imprese finanziate".

"L’investimento in tecnologie e società digitali ha un ritorno in termini di occupazione, sviluppo e sostenibilità. Le startup sfidano le società più tradizionali, pungolandole verso la trasformazione" ha rimarcato invece Barberis, founder Nana Bianca e Dada. Secondo Simone Ombuen, "per una effettiva implementazione delle risorse digitali servono ecostistemi relazionali che non contemplino solo le imprese ma anche le persone e la società. Se si connettono col 5G soggetti che non sono in grado di digitare su una tastiera, le ricadute sono nulle. Non c’è solo il digital divide delle tecnologie – ha commentato –, ma anche il digital divide delle conoscenze, che avrebbe bisogno di essere colmato quanto l’altro".