Venerdì 26 Aprile 2024

Quando la street art rende omaggio al suo transito finale

Armato di bombolette spray, l’italo-svizzero ravo riproduce ad amboise il noto dipinto di ménageot

Ravo mentre esegue la riproduzione della morte di Leonardo

Ravo mentre esegue la riproduzione della morte di Leonardo

“Le graffeur!”. Così urlano i bambini avvicinandosi ad Andrea “Ravo” Mattoni: il graffitaro. Siamo al Castello d’Amboise nella Loira. Ed è qui che l’artista italo-svizzero (nato a Varese nel 1981) ha lavorato su La morte di Leonardo di François-Guillaume Ménageot, cinque dettagli ingigantiti del quadro di fine Settecento, cinque grandi tele di oltre 3 metri commissionate all’interno delle iniziative per il Cinquecentenario Leonardesco. D’altronde il luogo non è stato scelto a caso. È da queste parti che il Da Vinci ha vissuto gli ultimi anni. E se si allunga il collo s’intravede la sua tomba. Lo sa bene Ravo. Un filo di emozione deve essere corso lungo il braccio mentre scuoteva le bombolette spray. Il suo stile è particolare: copie di dipinti classici ricreati su muri, ponti, fabbriche. Se si guarda da lontano, la sensazione è quella di essere di fronte a pachidermici dipinti ad olio. Un cortocircuito. Dallo spirito popolare. Come se ci si riappropriasse dei propri artisti lontani dal contesto museale. «È una riflessione contemporanea– spiega Ravo –, che ho maturato dopo le prime esperienze in strada e gli studi all’Accademia di Brera: le mie copie mantengono un profondo legame con il territorio, come a costruire un secondo dialogo con le persone e le generazioni. Le immagini ingigantite acquisiscono nuova vita, caratterizzando i luoghi dove vengono dipinte. Per questo ad esempio ho scelto Caravaggio in Lombardia, il Maestro di Ozieri in Sardegna o Scipione Pulzone a Gaeta. C’è una responsabilità nell’occupare un muro, per questo cerco di lasciare qualcosa che abbia un senso». Una residenza artistica ha permesso di concretizzare la commissione voluta in origine da Bob Jeudy di Le Mur Oberkampf, la fermata della metropolitana parigina divenuta ambitissima vetrina dedicata alla street art e che già in passato ha ospitato il lavoro di Ravo. La scelta di mostrare al pubblico il percorso creativo, ha invece permesso a turisti e scolaresche di avvicendarsi intorno a tele e colori, trasformando la realizzazione in un’occasione formativa. Per entrambe le parti. «Ho tenuto quasi 25 lezioni, ma è un aspetto abbastanza consueto del mio lavoro. Le domande dei bambini sono la cosa più emozionante che mi porto dietro da questa esperienza. Insieme al contesto prestigioso del castello, già molto all’avanguardia, ma dove credo di essere stato il primo a lavorare con le bombolette spray, proprio di fianco alla tomba di Leonardo. Ho creato un trait d’union fra passato e presente». Le tele saranno ora in esposizione fino al 2 settembre all’interno della Torre dei Minimi, struttura elicoidale senza gradini, che permetteva a cavalli e carrozze di raggiungere il terrazzo. È su queste rampe interne che si ammireranno i cinque dettagli zoomati di Ménageot: l’infermiere e il dottore, Leonardo con il re, i due ragazzi che osservano la scena e il gruppo di tre personaggi sulla destra, oltre (ovviamente) al viso ingigantito del Da Vinci, in origine di soli 20 cm. «Una cosa potentissima – conclude Ravo – che ricorda il Cristo morto del Mantegna. Il re gli tiene il cuscino, lo sorregge. Mentre la mano che pende dal letto è la sinistra, la più importante. Dopo questo omaggio, vorrei tornare a dipingere una sua opera. Si parla di un grande lavoro su muro a Roma ma non c’è ancora nulla di sicuro. In passato ho già realizzato un paio di tele con dettagli della Belle Ferronnière e della Vergine delle Rocce. La sua arte è la più complessa con cui mi sia capitato di confrontarmi. Con Caravaggio hai quasi tutte le informazioni di cui hai bisogno, ne puoi vedere le pennellate. Con Leonardo invece non capisci nemmeno dove abbia iniziato. È quasi irreale nella sua perfezione».