Mercoledì 24 Aprile 2024

Quando la ricerca scientifica diventa capolavoro artistico

Domenico Laurenza, uno dei massimi esperti di studi anatomici leonardiani: “Il suo metodo rivoluzionario ha introdotto il valore dell’immagine in medicina”

La mano umana e la zampa d’animale hanno uguale dignità ontologica e scientifica

La mano umana e la zampa d’animale hanno uguale dignità ontologica e scientifica

Mezzo millennio fa, 2 maggio, si consuma l’esistenza di Leonardo. Ma la sua luce continua a risplendere. Alimentata dall’infinità dell’arte e del sapere che ci lascia. Come il lume, lui stesso suggerisce, tenuto in vita dalla candela: “Il corpo di qualunque cosa, la qual si nutre, al continuo muore e al continuo rinasce”. Gli studi del corpo umano sono forse le sue ricerche predilette. Vi si dedica ogni santo giorno, per cinquant’anni. Una passione che il medico e storico Domenico Laurenza, massimo studioso dell’iconografia scientifica del maestro del Rinascimento, può ben spiegare. Tutto inizia dove? «A Firenze. Con un interrogativo: quali sono le ragioni interne delle forme esterne? Per primi, se lo chiedono gli artisti fiorentini nel ‘400. Meno “superficiali” dei pur bravissimi fiamminghi, vogliono realizzare un’imitazione perfetta della natura. L’anatomia, ecco, per migliorare la rappresentazione del corpo umano e dei suoi movimenti». Vertice dell’anatomia artistica, Michelangelo, giusto? «Si. Leonardo va oltre. Oltre l’orizzonte della bottega fiorentina. L’albero delle vene, il suo primo disegno (che io dato al 1480 circa), ci dice che vuole rinnovare l’anatomia come scienza. Se l’immagina, oggi, un artista che si mette in testa d’insegnare ai medici come stanno le cose?». Scintigrafia, tomografia, certo, roba da specialisti in medicina nucleare. Ma l’attualità dell’imaging leonardiano, proprio lei, professore, dove l’ha scoperta? «A Roma, 1513-1516, quando riprende studi di embriologia già affrontati a Milano. “Bioetica” definiamo questo orizzonte di studi nel nostro mondo, chiedendoci: quando l’embrione è a tutti gli effetti un essere vivente? Allora, il rapporto madre-feto, la questione dell’origine e trasmissione della vita, slittava verso la filosofia». Problemi con la Chiesa? «Nell’ultima fase della sua carriera di anatomista, alloggiato in Vaticano, Leonardo teme l’accusa di materialismo. Mentre una bolla del papa condanna gli “abominevoli” filosofi naturali (gli scienziati) che sostengono la mortalità dell’anima, creata da Dio, lui aggiunge note nel famoso foglio con il feto nell’utero: l’anima della madre, per prima, compone nella matrice la figura del figlio e “al tempo debito” vi desta l’anima». Un’eresia? «Mi pare un’esagerazione il giudizio espresso dal Vasari nel 1550. Sarcastico e spregiudicato, sì, è il tono della frase finale di questi appunti: “cos’è l’anima, lo lascio dire ai frati, li quali per ispirazione san tutti i segreti”. Appunti su carte private, non da pubblicare. Le denunce, semmai, sono diffuse da due chirurghi dell’Ospedale di Santa Maria della Consolazione. Dove Leonardo si aggira, curioso di seguire o realizzare un’autopsia». Più tollerate le intrusioni a Firenze e a Milano? «Certi indizi ci conducono a Pavia, alle scuole universitarie di medicina d’ambito milanese. Vi studiava Paolo Giovio, futuro storico. Scriverà di Leonardo. Perciò deduciamo che è nella scuola legata all’Ospedale di San Matteo ad aver imparato “a sezionare, con fatica disumana e ripugnante, i cadaveri dei malfattori... per raffigurare con cura mirabile la forma di tutti i più piccoli organi, fino alle vene più sottili e alle parti più segrete dello scheletro”». Molto realistico, infatti, è l’emaciato San Gerolamo, ammirabile gratuitamente nei Musei Vaticani fino al 22 giugno. Un altro esempio? «Il ritratto di Dama con l’ermellino, primo periodo milanese, 1489-1494. Quando crea anche una stupenda serie di disegni di cranio umano. E la dignità riconosciuta all’anatomia animale si rivela nelle sottili somiglianze tra testa e mano della donna, e testa e zampa dell’animale». Da segnalare tra 1503 e 1508, secondo periodo fiorentino? «Il muscoloso confronto di combattenti e cavalli, e la concezione della guerra come “pazzia bestialissima” nella Battaglia d’Anghiari. Oltre alla dissezione di un centenario: “Io feci notomia per veder la causa di sì dolce morte”, nell’Ospedale di Santa Maria Nuova». Nel 1519, la morte di Leonardo, secondo la leggenda tra le braccia del re, in Francia. Dove si sente accettato anche come scienziato. Per comprendere la sua straordinaria rivoluzione, il disegno come via privilegiata alla scienza, si consiglia del professor Laurenza “LEONARDO L’anatomia” (Giunti). Ma nella storia non esiste la parola fine. Ricominciamo da Firenze? «Sì, quel contesto culturale produce anche il Codice Leicester, oggi di proprietà di Bill Gates. Dal 2010 ho lavorato, con lo storico dell’arte Martin Kemp, a un’edizione in 4 volumi (la più completa mai realizzata, Oxford University Press, in uscita in autunno ndr). Dalle ricerche, vien fuori l’apertura verso una dimensione nuova: l’ecologia». Erano gli anni in cui il navigatore fiorentino Amerigo Vespucci si rendeva conto che il Nuovo Mondo, l’America, era un nuovo continente. E Leonardo? «Capiva che i continenti sono emersi dalle acque, costruendo sulle nuove scoperte geografiche una teoria geologica molto originale per l’epoca. Contraddire l’eternalismo di Aristotele, la Terra sempre uguale a se stessa, era idea tutt’altro che scontata per l’epoca. Così come spiegare l’origine delle montagne prescindendo dalla mano di Dio». Dall’anatomia alla geologia? «Sì, ma la struttura anatomica della Terra non può essere sezionata come gli esseri umani. Questa esperienza però gli permette d’immaginare osservando: le “vene delle acque” che nascono sul fondo dei mari, penetrano verso l’interno della Terra e poi risalgono fin sopra ai monti dove sgorgano dalle sorgenti originando i fiumi che riportano nuovamente l’acqua ai mari... Di questo organismo vivente vuole conoscere la storia. Il passato e il futuro».