Giovedì 25 Aprile 2024

Dom Perignon tra passato e futuro

Luca Bonacini

Luca Bonacini

DAVVERO la genesi dello champagne è da attribuire al monaco benedettino Dom Pierre Pérignon, cellérier dell’abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers? Dove finisca la leggenda e inizi la realtà è difficile da appurare, certo è che da quando nel 1668 il religioso cominciò ad occuparsi dei vigneti dell’abbazia, a nord di Épernay, si dimostreranno fondamentali i suoi studi sulle riduzioni delle rese e sulla vendemmia diversificata a seconda della maturazione delle uve, il monaco sarà un precursore nel definire il significato di crù e assemblage, affinerà la torchiatura, introdurrà il tappo di sughero e la chiusura ermetica delle bottiglie, gettando le bn quanto tale, bisognerà attendere il 1936, quando Robert-Jean de Vogüé, presidente di Moet & Chandon, utilizzando la riserva di famiglia 1921, creerà Dom Pérignon, scegliendo come contenitore, una replica della bottiglia storica usata in origine dall’abate, iniziando così la commercializzazione.

MA SARÀ il 1947 a conferire a Dom Pérignon la sua inconfondibile identità, oltre ad essere l’anno della prima vendemmia ottenuta da uve Grand Cru, prende corpo una propria linea di vinificazione e maturazione, e la sede viene spostata a Hautvillers dove l’abate è tumulato, ed è nato tutto. Un mito che esprime eleganza, intensità e capacità di invecchiamento, che si rinnova puntualmente ad ogni cuvée, e che caratterizza anche il 2008, appena presentato a Milano, al 47° piano della Torre Allianz. Protagonisti dell’evento gli enologi Richard Geoffroy e Vincent Chaperon, in un ideale passaggio di consegne, fra il primo che è stato chef de cave di Dom Perignon per 29 anni, e il secondo, che dal primo gennaio 2019 proseguirà nel cammino segnato dal suo predecessore, ispirando le prossime cuvée. «Ogni Millesimato della Maison è frutto di una singolare dinamica, – conferma Richard Geoffroy – il risultato finale della sfida interpretativa che lo Chef de Cave è chiamato a compiere in ogni vendemmia: individuare le migliori uve di un’unica annata e comprenderne le possibili e potenziali evoluzioni future».