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Arte e familiari in terapia intensiva per far trovare la spinta per guarire

Empatia e gentilezza giocano un ruolo fondamentale. Il progetto dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo

18/07/2023 - di Maurizio Maria Fossati

Un bel dipinto a tutta parete, quindi l’arte in bella mostra, un giardino fiorito dietro la vetrata, il cibo preferito, l’ascolto da parte del personale medico, il calore offerto dalla presenza dei familiari. Anche questo è terapia. Terapia contro il dolore, terapia per innescare la voglia di guarire, terapia per la riabilitazione. Ne è assolutamente convinto e lo ha messo in pratica Giovanni Albano, direttore del Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo. «Col progetto ‘La cura e la bellezza’ nato dalla nostra collaborazione con Accademia Carrara – spiega – abbiamo portato le riproduzioni di alcuni dipinti famosi in corsia e nei reparti. Per esempio, un’intera parete della Terapia Intensiva di Humanitas Gavazzeni ospita una riproduzione in maxi formato del ‘Canal Grande da Ca Foscari verso il ponte di Rialto’ dipinta dal Canaletto nel Settecento (nella foto qui a fianco). Per noi, ‘umanizzazione della cura’ significa anche questo: rivolgere i letti dei pazienti verso una grande opera d’arte. E ben sappiamo che empatia, ascolto e gentilezza giocano un ruolo fondamentale soprattutto nel rapporto con i malati più critici. Sarebbe sbagliato concentrare le risorse sugli aspetti tecnologici e farmaceutici trascurando i cosiddetti ‘no technical skills’».

 

«Io e la mia Equipe ci crediamo da tempo – afferma il dottor Albano –, da quando, circa quindici anni fa, iniziammo ad ‘aprire’ molto di più la Terapia Intensiva ai parenti. Già allora avevamo compreso che i malati confortati dalla presenza di un familiare accanto avevano maggiore probabilità di uscire più rapidamente dalla fase critica. A oggi non esiste una legge precisa. La decisione è lasciata all’iniziativa personale dei responsabili dei vari centri ospedalieri. Così, in Italia, questa nuova iniziativa si è estesa a macchia di leopardo. Oggi la nostra terapia intensiva oltre a dare libero accesso ai familiari ha introdotto per i pazienti l’utilizzo dei tablet e dei cellulari per comunicare con l’esterno e la possibilità di vedere la tv e ascoltare musica. Anche l’ambiente è confortevole e permette di poter godere della luce naturale e della vista del bel giardino del nostro ospedale».

 

«Ma non è tutto – continua il direttore –. Anche il cibo ha la sua importanza e sarebbe sbagliato trascurarne la qualità e la possibilità di scelta. Quando le condizioni cliniche lo permettono, una pizza, un gelato o un caffè con i biscottini possono risollevare il morale e infondere buonumore. Tutte attenzioni e azioni assolutamente non casuali, ma frutto di un’organizzazione di squadra e di aggiornamenti professionali continui che ci permettono di conoscere le vulnerabilità del malato e di curarlo al meglio anche sotto l’aspetto umano».

 

La formula del dottor Albano, quindi, è semplice ed efficace: un dottore “specializzato” per amico, un familiare accanto e una galleria d’arte per reparto.