Sabato 27 Aprile 2024

Totoministri, il M5s a caccia di riconferme

Nella trattativa avrebbe 9 caselle contro le 7 del Pd. Tecnici per Economia e Interno

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

Roma, 3 settembre 2019 - Un problema in meno, i vicepremier. La mossa di Di Maio rende più facile (Rousseau permettendo) la composizione del governo giallorosso. L’ipotesi alla quale lavora il premier incaricato Conte, assieme alle delegazioni M5s, Pd e LeU, prevede 9 ministri a M5s, 7 al Pd (che pare orientato a 4 uomini e 3 donne), 2 a tecnici indipendenti e 1 a Leu. Come sottosegretari alla presidenza si fanno i nomi di Spadafora o Roberto Chieppa (M5s) e uno tra Andrea Orlando (favorito), Franceschini o Paola De Micheli (Pd). Gli indipendenti dovrebbero avere le delicatissime caselle di Economia e Interno.

Per l'economia il nome più gettonato è quello dell’ex direttore di Bankitalia Salvatore Rossi, ma molte chance le ha anche l’ex Fmi Carlo Cottarelli e il numero due della Banca Europea degli Investimenti Dario Scannapieco. In calo l’uscente Giovanni Tria e l’ex ragioniere generale dello Stato Daniele Franco. Per l’Interno leggermente favorita l’ex prefetto di Milano Luciana Lamorgese sull’ex direttore del Dis Alessandro Pansa. Il M5s conserverebbe 9 ministri, 8 interni e un tecnico (Costa, all’Ambiente). Il leader politico Luigi Di Maio andrebbe agli Esteri, Alfonso Bonafede manterrebbe la Giustizia, alle Infrastrutture Danilo Toninelli farebbe spazio al capogruppo al Senato Patuanelli, alla Salute e ai Beni Culturali sarebbero confermate Giulia Grillo e Alberto Bonisoli, anche il ministero del Sud resterebbe al M5s (forse confermata Barbara Lezzi altrimenti Federico D’Incà) mentre Riccardo Fraccaro passerebbe dai Rapporti con il Parlamento alla Pubblica Amministrazione. L’indipendente di area M5s Costa resterebbe all’Ambiente. All’Istruzione lotta a due tra Lorenzo Fioramonti e Nicola Morra. E siamo a nove. Aleggia nelle trattative il nome di Alessandro Di Battista, che qualcuno vorrebbe agli Affari europei, ma il Pd non sarebbe per nulla favorevole. Allo stato di ministeri il Pd ne avrebbe sette. Tra i più importanti quelli dello Sviluppo economico (ballottaggio tra la vicesegretaria Paola De Micheli e Graziano Delrio più defilato Maurizio Martina) e del Lavoro (Delrio o Teresa Bellanova) ma il M5s non vorrebbe perderli entrambi e propone per il Lavoro Laura Castelli o Stefano Buffagni suggerendo uno scambio con l’Istruzione che passerebbe al Pd (Anna Ascani o Marina Sereni). Il Pd avrebbe la Difesa, e in pole position c’è Lorenzo Guerini, e l’Agricoltura, dove è favoritissimo un ex come Maurizio Martina.

Al partito democratico andrebbe anche il ministero degli Affari europei (Lia Quartapelle più che lo zingarettiano Gian Paolo Manzella), i Rapporti con il Parlamento (Ettore Rosato) e la Famiglia (Debora Serracchiani o Anna Ascani). Sarebbero dunque renziani Lavoro, Rapporti con il Parlamento e (forse) Famiglia. A LeU (che voleva la Giustizia per Grasso, ma è stata respinta) andrebbe un ministero, probabilmente quello degli Affari regionali con Roberto Speranza. Dulcis in fundo la scelta del candidato italiano per la nomina a commissario europeo, che il Pd rivendica (ma M5s non cederà facilmente). I nomi che al Nazareno si fanno sono quelli dell’ex premier Paolo Gentiloni e dell’europarlamentare Roberto Gualtieri.