Mercoledì 24 Aprile 2024

Tav e trivelle, Lega e 5 Stelle rischiano il crac

Il leader leghista: "I miei studi dicono che la Tav va fatta". E Toninelli s'infuria

Toninelli dopo aver viaggiato sul treno della linea Cremona-Milano (Ansa)

Toninelli dopo aver viaggiato sul treno della linea Cremona-Milano (Ansa)

Roma, 26 gennaio 2019 - Parlare di nervosismo significa usare un eufemismo. In casa pentastellata siamo ben oltre la crisi di nervi. Perché una scarica di colpi si abbatte sul suo tetto per poi piombare sugli elementi fondanti dell’identità grillina. Prima di tutto le mega infrastrutture: "Mi sono rotto di sentire parlare di grandi opere – sbotta Toninelli –. L’opera più grande in questo paese è evitare che ci siano altri morti per incidenti dovuti alla cattiva manutenzione". Lo sfogo del ministro è comprensibile: poche ore prima Salvini aveva sferrato un nuovo attacco contro la bandiera forse più qualificante per il M5S, la Tav, chiarendo pure che non si trattava di una boutade: "I dati in mio possesso dicono che va completata, serve all’Italia e sarebbe più oneroso sospenderla".

A ognuno la sua analisi costi-benefici. A quella delle Infrastrutture, che deve essere ancora resa pubblica, il leghista oppone il suo studio. Grande sorpresa tra i 5 stelle: "Così saltano gli accordi", tuonano i parlamentari. Salvini fa spallucce e prepara per la prossima settimana una visita a Chiomonte, il cantiere più discusso. Ragion per cui Toninelli, a Pioltello per il primo anniversario del disastro ferroviario in cui persero la vita tre passeggeri e una cinquantina furono feriti, lo punzecchia: "Mi avrebbe fatto piacere vederlo qui a ricordare tre morti di Stato". Provvede Mattarella in una nota ("bisogna garantire la sicurezza nei trasporti") nelle ore in cui Rixi, vice leghista alle Infrastrutture, rilancia "Ci vorrà tempo ma la Tav si farà".

Piove sul bagnato. Di Maio fa propaganda: "Lo stop è una battaglia per la sovranità nazionale". Però la partita sulle trivelle non è finita con un ko per la Lega, che ha ceduto un pochino e in cambio di quel ‘pochino’ pretende soddisfazione sulla Tav. Forse non potrebbe fare altrimenti perché veleggiando intorno al 32% avrebbe raggiunto il suo picco massimo salvo l’apertura di nuovi fronti, a sentire i sondaggisti. Non potendo utilizzare quello fiscale per ovvi motivi, punta sulla Torino-Lione tanto cara alla sua base del Nord. D’altra parte i grillini vedono calare progressivamente i consensi: attualmente sono al 25% (qualche decimale in meno di quello confidato da Conte alla Merkel) e, per risalire la china, puntano sui cavalli di battaglia.

Il braccio di ferro sulla Tav è un guaio, ma le cose rischiano di peggiorare perché in ballo c’è un altro campo determinante per i grillini: la giustizia e il rapporto con la politica. Da sempre la linea è quella di assecondare i magistrati quando chiedono il via libera contro un parlamentare, ma nel caso di Salvini e la Diciotti di mezzo c’è il governo. Che fare? Un dilemma per Di Maio e i 5 Stelle: sia per la Tav sia per l’autorizzazione a procedere impuntarsi vuol dire non solo mettere a repentaglio la vita dell’esecutivo ma pure fare un salto nel buio, che potrebbe terminare con una campagna elettorale piena di incognite. Arrendersi per salvare la maggioranza vuol dire rischiare l’emorragia di voti e un’implosione nei gruppi parlamentari che vivono con sempre maggiore disagio l’egemonia della Lega.