Giovedì 25 Aprile 2024

Il governo studia la tassa sul bancomat

L'ipotesi: balzello del 2% per i prelievi in contanti oltre i 1500 euro al mese. Ira Lega

Prelievi al bancomat (IStock)

Prelievi al bancomat (IStock)

Roma, 14 settembre 2019 - Nome in codice "digitalizzazione dei pagamenti". Tradotto in soldoni, una tassa per limitare l’uso del contante. Obiettivo: dare una spallata all’evasione fiscale che sottrae agli occhi del fisco, ogni anno, qualcosa come 100 miliardi di euro. Il dossier è già sul tavolo del neo-ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che non a caso parlato di interventi ad hoc contro i furbetti del fisco attraverso non solo l’uso intensivo delle "nuove tecnologie" ma anche della "digitalizzazione". Detta così, non è affatto escluso che la "tassa sul contante", come ormai è stata ribattezzata, possa fare la sua prima prova nella prossima legge Finanziaria.

A lanciare il sasso nello stagno è stata la Confindustria, con una proposta messa nero su bianco dal suo Centro Studi. Una ricetta che ha il merito della semplicità. Viale dell’Astronomia, infatti, propone un tassa del 2% sui prelievi in contanti oltre i 1.500 euro mensili e un bonus del 2% per tutti coloro che pagano con carta di credito o bancomat. In questa maniera, spiegano gli industriali, l’Italia potrebbe risalire posizioni nella classifica dei Paesi che usano ancora troppo poco la moneta elettronica. La nuova imposta sul contante – va sottolineato – riguarderebbe circa un quarto dei titolari dei conti correnti: il restante 75%, infatti, preleva meno di 1.500 euro al mese dagli sportelli bancomat. L’obiettivo è chiaro: dare un duro colpo all’evasione, favorendo la tracciabilità dei pagamenti. Naturalmente, per ora si tratta solo di ipotesi. Che, però, hanno una forte presa sia sui vertici del Pd sia su quelli dei Cinquestelle, azionisti di maggioranza del nuovo esecutivo giallo-rosso, che, da tempo, ritengono necessario un cambio di marcia sul terreno della "digitalizzazione" dei pagamenti.

Fra le misure all’esame di via Venti settembre ci sarebbe, in primo luogo, l’estensione dell’obbligo di pagare con moneta elettronica tutte quelle prestazioni o servizi che entrano nel calderone delle detrazioni e delle deduzioni. Più o meno quello che avviene già oggi per incassare il bonus fiscale sulle ristrutturazioni edilizie. In compenso, per i commercianti, potrebbero sparire le commissioni per i "micropagamenti" al di sotto di determinate soglie. Sanzioni mirate, invece, per i commercianti senza Pos e per quelli che non accetteranno bancomat o carte di credito. Infine, l’obbligo di accettare solo pagamenti elettronici sarà esteso a tutto il perimetro della pubblica amministrazione, compreso le società che erogano prestazioni o servizi (a cominciare, ad esempio, da tutto il mondo della sanità).

L’ipotesi di una nuova imposta sul contante è già stata seccamente bocciata dal leader della Lega, Matteo Salvini. "Follia pura", rincara la dose Massimo Bitonci, deputato del Carroccio ed ex sottosegretario al Mef. Contrari alla tassa sul contante anche Confesercenti e Confcommercio, che temono effetti negativi sui consumi. Ma a sorpresa, dalla stessa parte dei leghisti, si è schierato anche l’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, sia pure con motivazioni molto diverse: "Gran parte dell’evasione – spiega l’economista – avviene senza che ci sia passaggio di contanti, ma manipolando i bilanci delle imprese". Come a dire: la nuova tassa servirebbe a poco.