"I franchi tiratori ci sono sempre stati durante l’elezione del presidente della Repubblica e potrebbero essere decisivi anche questa volta. Ma non bollateli con questa espressione che sa sempre di tradimento e disprezzo, chiamateli invece ‘liberi pensatori’, cioè parlamentari senza vincolo di mandato". Paolo Cirino Pomicino, 82 anni, ex ministro e ex cavallo di razza della Dc, conosce alla perfezione le dinamiche che fanno da sfondo alla corsa al Colle. Partiamo dall’esternazione di Draghi: un nonno al servizio della Repubblica. "Ne do l’interpretazione più letterale: è al servizio delle istituzioni. E, infatti, sta facendo il presidente del Consiglio dei ministri e tutti i partiti della sua larga coalizione insistono perché rimanga in quel posto fino al 2023. Punto". Diversi partiti, di destra o di sinistra, sono apparsi contrariati dalle sue parole. "L’inesperienza politica ha fatto commettere a Draghi un banale errore. Un’ingenuità. Quando i partiti della maggioranza dicono, in modo corale, che il governo deve continuare fino al 2023, non è possibile fare una dichiarazione apparentemente contraria o, comunque, leggermente ambigua". Draghi è utile al Paese se non è imbalsamato al Quirinale. Lo ha detto lei, lo conferma? "Diciamoci tutta la verità: nelle riunioni dei capi di Stato e di governo, in Europa o al G20, ci va il premier e non il presidente della Repubblica". In campo è solo Berlusconi. "Anche lui, dopo il primo entusiasmo, pare aver fatto un passo indietro: ha capito che a quella carica non ci sono candidati, ma è un scelta libera del Parlamento. Inoltre per lui e per gli altri vale lo stesso principio…". Quale? "Nessun leader politico, tranne Saragat, è mai andato al Quirinale. Per un motivo semplice: un presidente, che fosse anche capo di un movimento o di un partito, concentrerebbe in sé una forza istituzionale capace di incrinare l’equilibrio dei ...
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