Giovedì 25 Aprile 2024

Partecipate, il valzer delle poltrone. La Lega apre il risiko: "Ora cambio di passo"

"Partiamo da Eni ed Enel". Ma in tutto sono 135 le aziende interessate. La fuga in avanti di Salvini che teme il decisionismo della premier

Matteo Salvini, 49 anni, ministro delle Infrastrutture e segretario della Lega

Matteo Salvini, 49 anni, ministro delle Infrastrutture e segretario della Lega

Roma, 21 febbraio 2023 - È stata la Lega di Salvini a lanciare il primo sasso, dopo settimane di sussurri e bisbigli sulla nomine ai vertici delle aziende che, direttamente o indirettamente, fanno capo al governo. Del resto il conto alla rovescia è già cominciato: mancano poco più di una trentina di giorni alla scadenza del 31 marzo, quando il Mef dovrà presentare la lista per i rinnovi del cda. E ovviamente il grande risiko delle poltrone parte proprio dai bocconi più grossi, Eni ed Enel. Non a caso, proprio le due aziende finite nel mirino del partito del Carroccio: "L’italia deve mostrarsi all’altezza delle sfide più delicate, a partire dalla politica energetica sui cui il governo è particolarmente attento – scrivono in una nota consegnata alle agenzie da fonti qualificate del partito –, è bene sottolineare che anche le grandi aziende di Stato, come Eni ed Enel, devono cambiare profondamente le loro politiche e il loro approccio alla modernità. Serve un cambio di passo". Tradotto dal politichese : rinnovare i vertici.

La mossa di Salvini, in realtà, è un segnale diretto alla premier, Giorgia Meloni, che avrebbe da tempo accarezzato l’idea di muoversi sul fronte delle nomine con lo stesso metodo utilizzato dal suo predecessore, Mario Draghi. E, cioè, ascoltare tutti ma decidere, poi, in solitaria. Senza riesumare quel tavolo "nomine" che a Palazzo Chigi era stato creato da Berlusconi e guidato dal fidatissimo Gianni Letta. Ora, invece, la leader di Fdi vorrebbe muoversi in autonomia. "Vogliamo premiare le competenze migliori valutando i risultati conseguiti e assicurando il miglior funzionamento delle nostre aziende", ha chiosato la premier in una recente intervista. Senza dimenticare, poi, l’attenzione alle quote rosa, con una adeguata presenza femminile al vertice delle società pubbliche. Ma anche gli altri partiti della maggioranza vogliono far sentire la propria voce.

Del resto, la partita è ghiotta: sono 135, le società a controllo pubblico i cui cda dovranno essere rinnovati fra 2023 e 2024. Si va dalle grandi partecipate del Mef e di Cdp (Enel, Eni, Terna, Fs e Rai) fino alle aziende più piccole. Complessivamente, secondo il monitoraggio della Camera, nel 2023 rientreranno nella raffica di nomine affidate al governo Meloni gli organi di amministrazione di 18 società direttamente partecipate dai ministeri, 49 aziende di secondo livello, partecipate dalle controllate e 3 società di terzo livello indirettamente partecipate da Cassa Depositi e Prestiti. Uno dei pochi che in realtà potrebbe restare al suo posto è Claudio Descalzi, il 68enne ad Eni. Ma, per il resto, nessuno dei grandi manager pubblici è sicuro di poter conservare la poltrona. È il caso, ad esempio, dell’ad di Enel, Francesco Starace, dato in uscita. Al suo posto starebbe scaldando i muscoli Antonio Donnarumma, manager assai stimato oggi al timone di Terna. Al suo posto potrebbe finire Giuseppe Lasco, condirettore generale delle Poste. Ma la partita non è affatto chiusa. Perché potrebbe anche emergere un candidato interno, come Alberto De Paolo, attuale direttore finanziario, o ancora Gianni Vittorio Armani, ad di Iren. Altra poltrona che scotta è quella di Alessandro Profumo, dato da molti in uscita da Leonardo, e non solo per le sue note simpatie di sinistra ma anche per la grana Mps. Matteo Del Fante, invece, dovrebbe rimanere al vertice delle Poste. Tranne sorprese dell’ultima ora: c’è infatti chi ipotizza un trasloco a Cdp quando fra un anno scadrà il mandato dell’attuale ad, Dario Scannapieco.