Venerdì 26 Aprile 2024

Fantoccio di Meloni a Bologna, lo storico: "Città culla del disagio, l'onda lunga del '77"

Pombeni: il buonismo delle amministrazioni locali non paga. "L’estrema destra può reagire e arrivare allo scontro con frange di sinistra"

Bologna, 12 novembre 2022 - Un clima d’odio. Che parte da fasce estremiste che si sedimentano in città come Bologna. Città universitarie, recettive a questo tipo di fenomeno. Per questo il caso del manichino con le sembianze di Giorgia Meloni appeso a testa in giù alla Garisenda dai collettivi, preoccupa Paolo Pombeni, professore emerito di Storia contemporanea dell’Università di Bologna.

Il Fantoccio raffigurante Giorgia Meloni appeso a testa in giù (Dire)
Il Fantoccio raffigurante Giorgia Meloni appeso a testa in giù (Dire)

Dica la verità vede quel ’brodo di coltura’ di cui si parlava nel ’77?

"Quel pericolo esiste sempre. Finché le frange estremiste sono circoscritte i timori sono minimi. Non ci sono i prodromi della guerra civile, ma questo non esclude che, se si continua su questa strada, con un allargamento di queste fasce estreme, il problema si complichi".

A tal punto da ricreare forme di partito armato?

"Difficile eliminare del tutto questo rischio. È un po’ quello che succede allo stadio con il tifo violento...".

Oggi c’è un manichino a testa in giù, domani che cosa può succedere?

"Se si allarga questa frangia anarco-protestataria, potrebbe arrivare una risposta di estrema destra. A quel punto potrebbe nascere uno scontro tra le due fazioni con una crescita di simpatia dell’opinione pubblica per chi fa rispettare legge e ordine".

L’attacco dei collettivi favorisce Meloni?

"Non la Meloni, ma quella componente di destra più estrema o quella populista che si annida in queste formazioni. Al contempo si aiuta il radicalismo di estrema sinistra dall’altra parte".

Vede analogie con le contestazioni del clima del ’77?

"Credo si tratti di una coda. Ma nel ’77 c’era un contesto che oggi non c’è, o è artificiale. Il centrodestra che ha vinto le elezioni gli ha ridato spazio: invece di parlare in astratto di fascismo, c’è l’idea che qualcosa di concreto ci sia".

Ma non siamo nell’epoca della fine delle grandi ideologie?

"Dipende cosa s’intende per ideologie. Le filosofie politiche strutturate per l’azione non esistono più. O comunque sono minoritarie. Se, invece, per ideologie si ha l’immagine di una squadra di calcio dove tutti coloro che giocano contro sono da eliminare, allora queste sopravvivono".

Perché a Bologna queste proteste proliferano?

"Bologna si pensa sia una città più recettiva a queste ritualità da commedia antifascista. L’immagine della città rossa, anche abbastanza artefatta, dove c’è anche maggiore possibilità di farsi vedere, aiuta".

Che ruolo hanno le amministrazioni?

"In primis c’è il problema di governare una massa di studenti in una città che non ha gli strumenti per ospitarli. Questi disagi a Bologna, ma anche altrove, generano tensioni. Il cosiddetto buonismo delle amministrazioni, invece, è stato anche un modo per evitare di dare spazio agli estremismi, per evitare contrapposizioni troppo forti. È chiaro, però, che a un certo punto bisogna darci un taglio. E lasciare reprimere, con misura, queste manifestazioni".