Mercoledì 24 Aprile 2024

Non solo Tav, ecco tutti i tradimenti 5 Stelle

Le promesse disilluse da Di Maio: dal gasdotto Tap all'Ilva fino al secondo mandato. Boom di sfottò sul mandato zero

Beppe Grillo a una manifestazione No Tav (Ansa)

Beppe Grillo a una manifestazione No Tav (Ansa)

24 luglio 2019 - Retromarce, giravolte e inversioni a U. È stato un anno e mezzo di promesse tradite quello del Movimento 5 Stelle governativo. La più eclatante? Dire sì alla Tav dopo che Beppe Grillo si è fatto addirittura condannare 4 mesi per aver sfondato una recinzione in Valsusa. Ma se il via libera alla Torino-Lione è il simbolo della purezza perduta, da quando il Movimento è andato al governo, ha indossato la grisaglia e si è "chiuso nei ministeri", come ha denunciato uno dei big M5s, Alessandro Di Battista. Parecchi i tradimenti per i militanti e duri e puri: gasdotto Tap, Ilva, Alitalia, ponte Morandi. Poi ci sono i tabù infranti: il salvataggio di Salvini sul caso Diciotti, il decreto Sicurezza osteggiato dai grillini di ‘sinistra’ ma digerito dalla maggioranza 5 Stelle e, soprattutto, il superamento della regola del secondo mandato.    TAV. I grillini erano No Tav ancor prima di nascere. Beppe Grillo lo era di certo già negli anni ’90 e tanti 5 Stelle (piemontesi e non) avevano abbracciato la causa. Per questo il Movimento sul tema Tav esplode. Sono infuriati i grillini piemontesi, la base, i militanti dei Meet up che furono, ma anche i neolettori 5 Stelle. Grillo, per dire, soltanto a dicembre sbottò: «Mi sono preso quattro mesi di galera, la Tav non si fa...». Insomma, per il M5s dire sì alla Torino-Lione è come rinnegare se stesso, la sua storia, le origini.    TAP. Un’altra retromarcia che pesa è il via libera al gasdotto salentino. I pugliesi non dimenticano Di Battista prima delle Politiche urlare: «In quindici giorni se andiamo al governo lo fermiamo». La promessa fece impennare i consensi del M5s, ma una volta disillusa portò i militanti pugliesi a bruciare le bandiere 5 Stelle. E Dibba a capo chino fu costretto a scusarsi.   ILVA. Altro tema delicato è quella dell’ex Ilva. Dopo le inchieste, gli esuberi, i problemi ambientali, Di Maio promise (prima del voto) una riconversione dell’acciaieria o la chiusura. Boom di voti a Taranto per il Movimento (48%), ma l’Ilva oggi (sebbene con parecchi problemi) è ancora attiva, acquistata da Arcelor Mittal. L’operazione è tata gestita dal Mise, cioè dal ministro Di Maio.    PONTE MORANDI E ALITALIA. Chi si ricorda gli strali di Di Maio e Toninelli contro Atlantia (e i Benetton) dopo il crollo del ponte di Genova? Qualche giorno dopo la tragedia il capo politico grillino disse: «Chi non vuole revocare le concessioni deve passare sul mio cadavere». A distanza di qualche mese, di concessioni revocate non si è parlato più. Discorso simile su Alitalia. Dopo gli attacchi ai Benetton (proprietari di Atlantia), ecco che gli stessi entrano nel salvataggio della compagnia di bandiera. Il ministro che si è occupato della partita? Sempre Di Maio.    I DUE MANDATI. L’idea dell’uno vale uno e del non trasformare i ‘portavoce’ dei cittadini in professionisti della politica era considerato un dogma. Oggi, non più. Per Di Maio, però, non era facile spiegarlo alla base. E così si è inventato il ‘mandato zero’, cioè il mandato che non vale. Già solo dirlo ha creato sfottò sul web. Morale: si potrà derogare al secondo mandato, facendone tre. Oggi vale solo per i consiglieri comunali. Domani, chissà...