Mercoledì 24 Aprile 2024

Il Pd volta pagina, Schlein chiama Bonaccini: "Nuova primavera. Si torna tra la gente"

L’assemblea ratifica l’elezione della segretaria, che promette unità e il ritorno tra chi fatica. Cattolici in fermento per in temi etici e Lgbt+. Delrio ammette: "C’è preoccupazione"

Roma, 13 marzo 2023 - L'approdo è fissato, la rotta molto meno. Per quanto riguarda l'identità del Pd e il suo orizzonte, qualcosa la nuova segretaria dice, e qualcos'altro fa capire. Ma sui passaggi necessari per raggiungere quei traguardi Elly Schlein è più vaga. Nella prima parte del lungo intervento all’Assemblea nazionale riunita nella capitale alla 'Nuvola' parla del partito. "Ci davano per morti dopo le due sconfitte elettorali, ma hanno perso la scommessa. Siamo più vivi che mai e stiamo arrivando. Sarà una nuova primavera".

Stefano Bonaccini ed Elly Schlein
Stefano Bonaccini ed Elly Schlein

Scremato dall’inevitabile retorica e dai richiami all’orgoglio democratico, il disegno si riduce a una classica quadratura del cerchio: tenere insieme tutte le aree, senza sacrificare il progetto premiato ai gazebo: "Non arretrerò di un millimetro", scandisce la "marziana" salutata dall’applauso più scrosciante, anche perché può vantare un record: "Più di 10mila nuove tessere in una settimana". La nomina a presidente di Stefano Bonaccini serve a suggellare la compattezza. "È il tempo di unire, non ci possono essere altre magliette che indossiamo che non siano quelle del Pd", rilancia il governatore dell’Emilia-Romagna.

Facile a dirsi, difficilissimo a farsi. Ed Elly ne è consapevole. Sottolinea che "serve autocritica, sono stati commessi errori in questi anni", ma su quali siano stati glissa. Citarli avrebbe significato dar fuoco alle polveri. Poi passa alla proposta per il Paese: "Vogliamo essere al fianco di quell’Italia che fatica". Non è la posizione che il Pd ha sempre tenuto nella sua storia, la leader lo ammette: "Dobbiamo tornare nei luoghi in cui facciamo più fatica a stare, dove le persone lavorano". La formula per coniugare l’interesse del Paese, quello delle fasce più disagiate, e quello del partito è composta da tre elementi "omogenei e non contradditori": lotta alle diseguaglianze, all’emergenza climatica, al lavoro povero. La platea si scalda: tutti concordano.

E del resto, quale esponente di sinistra potrebbe dirsi nemico dei diritti sociali, ambientali, civili? I guai potrebbero emergere se la segretaria dicesse quali sono gli ostacoli politici e sociali. Ma rischierebbe la deflagrazione: sui temi etici i cattolici sono in fermento. "C’è preoccupazione", ammette Graziano Delrio. Lei che batte sul tasto dei diritti Lgbt+ e dello ius soli, si trincera dietro l’indicazione del nemico più ovvio: "Il governo più di destra che ci sia mai stato", bersagliato per la disumanità verso i migranti ("basta soldi alla guardia costiera libica"), le politiche verso i poveri, le riforme del fisco e dell’Autonomia. Forse per questo apre ai sindacati, ma non indica il suo Pantheon, l’elenco di nomi usati per segnalare la propria bussola. Preferisce dichiararsi una "nativa democratica", entrata in politica quando il Pd già esisteva, ed "è una fortuna e una sfortuna: non ho potuto avere la formazione politica delle storie che hanno contribuito a fare il partito". Il suo Pantheon, insomma, è composto dai rami degli alberi genealogici democratici.

Sui due capitoli ad alto rischio di rottura, guerra e alleanze, è prudente. Conferma il sostegno all’Ucraina, aggiungendo un segnale timido ma non insignificante sull’opportunità di un maggiore protagonismo dell’Europa e della ricerca della pace. Sulle alleanze non si sbilancia, parla a Calenda come a Conte ("dobbiamo provarci") indicando i punti sui quali si può sperimentare subito l’unità di azione: "Salario minimo e sanità pubblica". Se sono rose, fioriranno.