Giovedì 25 Aprile 2024

Tripoli, Berlino, Parigi e Kiev: il futuro di Meloni passa da qui

La premier in pectore deve da subito stabilire proficui contatti con i Paesi più strategici per l’Italia. Il viaggio più difficile è da Macron

I viaggi più importanti per la Meloni

I viaggi più importanti per la Meloni

Roma, 29 settembre 2022 - Nella politica internazionale i viaggi servono, prima di ogni altra cosa, per segnalare gli interessi di un paese e definire il suo perimetro di azione. Sono quattro i punti cardinali a cui Giorgia Meloni dovrà guardare per definire subito la sua politica estera. Il primo è Berlino, la vera capitale d’Europa.

Meloni è lontana politicamente da Scholz e dai partiti che governano la Germania, ma dovrà costruire subito buone relazioni con il Cancelliere, facendo cadere i pregiudizi e gli stereotipi annidati nell’opinione pubblica tedesca verso la destra italiana. Berlino resta una tappa prioritaria sul piano diplomatico per due motivi: il legame industriale tra i due paesi e il peso della Germania nel processo decisionale europeo. Senza l’amicizia dei tedeschi qualsiasi crisi europea diventa difficile da affrontare, col rischio di scivolare nell’isolamento. Mentre l’interesse comune, quello di salvare l’interconnessa catena industriale dalla crisi energetica, dovrà essere maggiormente sottolineato.

La seconda tappa è Parigi. Questo è forse il viaggio più delicato: dopo il trattato del Quirinale i due Paesi sono più integrati sul piano economico e amministrativo, hanno un obiettivo comune verso una politica economica europea più espansiva e integrata, ma al tempo stesso sono due paesi concorrenti in molti settori, dalla finanza all’industria fino alla politica estera nel Mediterraneo. Raccordare questi interessi è complicato, anche perché le diffidenze sono in crescita. Macron non conosce Meloni, i suoi ministri e consiglieri la reputano una pericolosa nazionalista alla stregua della temuta Le Pen in patria, mentre in Fratelli d’Italia c’è un certo anti-francesismo che si accoppia col protezionismo. Servirà un patto: cooperare sui tavoli europei per pungolare i tedeschi, ma al tempo stesso rendere pacifica, e forse meno stretta, la cooperazione economica bilaterale. Sono tensioni possono essere risolte soltanto con un faccia a faccia tra Meloni e Macron.

Il terzo viaggio è il più simbolico: Kiev. Incassato il sostegno di Zelensky dopo la vittoria elettorale, Meloni deve dare un segnale al mondo. Visitare la capitale ucraina lo è, senza contare che oggi andare a Kiev significa essere metaforicamente anche a Washington. Difesa della sovranità dall’aggressione russa, investimenti e ricostruzione, sostegno militare: sono molte le carte che un governo di destra può spendere in Ucraina.

L’ultimo viaggio è il più strategico: Tripoli. Non servono sceneggiate militariste, ma un esercizio diplomatico. Far capire che l’Italia in quel territorio vuole esserci, con tutto il suo portato industriale, militare, energetico, e che non può essere lasciata mano libera ad Erdogan e Putin nel disordine mediorientale. Al tempo stesso, Meloni potrà giocare una partita umanitaria cercando accordi che riducano la tratta degli immigrati clandestini nel Mediterraneo. La sorta per la stabilizzazione libica sarà lunga, ma l’Italia dovrà essere più attiva che in passato. Questi quattro viaggi possono legittimare Giorgia Meloni, renderla una interlocutrice possibile e affidabile, fare del nuovo governo un attore capace di promuovere e difendere gli interessi nazionali. Perché non ci può essere una politica interna efficace senza una proiezione del paese all’estero.