Venerdì 26 Aprile 2024

Voto scaccia fantasmi da Palazzo Chigi. Le sfide di Conte: rimpasto e legge elettorale

La mancata spallata del centrodestra rafforza il governo, ma le mine non mancano. Pd in pressing per usare i fondi Ue. I 5 Stelle rivendicano il risultato del referendum, ma nelle Regioni è flop. Lo scontro in maggioranza rischia di riaccendersi

Elezioni 2020, mappa

Elezioni 2020, mappa

Roma, 22 settembre 2020 - Un vincitore reale, uno apparente, uno sconfitto e un presidente del Consiglio che – pur non partecipando direttamente alla competizione – ne esce decisamente rafforzato. Anche se non del tutto al riparo da qualche scossone pericoloso. Dopo aver temuto di non farcela, il Pd tiene in Toscana ma la notizia inaspettata è che Giani sorpassa di parecchi punti la leghista Ceccardi. Fa il bis in Puglia: in base al responso (fallace) dei sondaggi, la disfatta era data per certa invece Emiliano stravince. Come De Luca in Campania. Il pronostico che profetizzava uno sfondamento della destra si conferma solo nelle Marche: sconfitta reale ma non esiziale. In Veneto trionfa Zaia, in Liguria ottimo successo di Toti. 

Molto ridimensionati nella tornata regionale i 5 Stelle, che però si consolano con il referendum. Anche in quella partita qualche paura c’era stata: non della sconfitta ma di una vittoria di misura. Invece i Sì ottengono il 69,6% dei voti. E Di Maio passa subito all’incasso: ora il taglio dello stipendio dei parlamentari. Se nella maggioranza l’ex capo pentastellato cerca di aprire la discussione su chi porti a casa la posta più alta tra lui e Zingaretti, gettando la croce della sconfitta elettorale su Crimi, non sono ammessi dubbi su chi ha perso, e cioè Matteo Salvini. Dopo l’Emilia, ha mancato lo sfondamento pure in Toscana: paragonato alle scorse Europee, il voto di lista è deprimente e l’affermazione in Valle d’Aosta (dove, secondo gli exit poll, la Lega è il primo partito) non basta a rilanciarlo. Infine, è più che surclassato da Zaia in Veneto: se meno di un anno fa sarebbe stata un’ipotesi fantascientifica, oggi la leadership è in bilico. 

Il voto allontana i fantasmi da Palazzo Chigi. La rosa che le elezioni consegnano a un premier che fa filtrare la soddisfazione "per la prova di attaccamento alla democrazia degli italiani" è profumata, ma qualche spina c’è. M5s ha intenzione di cavalcare l’onda referendaria: per superare la crisi in cui si dibatte, la fedeltà alle residue bandiere pentastellate diventerà più rigida. Lo si scoprirà presto, quando si tratterà di Mes. Sul fronte opposto, uno Zingaretti galvanizzato da un successo insperato, pare altrettanto determinato nel cogliere l’occasione per superare le resistenze che, a suo parere, hanno sin qui immobilizzato il governo. In questo scontro tra i due alleati va rintracciata la minaccia per Conte. Non si tratta di equilibri astratti, ma di scelte concrete: nel breve il rimpasto, il Mes, la legge elettorale, i decreti sicurezza. Poco più avanti la destinazione dei fondi europei di Next Generation Eu. 

Una segreteria democratica rafforzata avrà ragione delle resistenze di chi, come Franceschini, è convinto che toccare anche solo una casella significhi far crollare tutto. Dunque, esigerà più voce in capitolo nei settori chiave del Recovery fund, magari chiedendo per lo stesso ministro della Cultura il posto di vicepremier (sempre che Zingaretti non entri al governo). Il referendum rende inevitabile portare a compimento la riforma elettorale concordata (per modo dire, vista l’attuale paralisi) in agosto. 

Conte dovrà lavorare di fino: modificare troppo presto il Rosatellum significa spalancare le porte alle elezioni. Bisogna chiudere a ridosso del semestre bianco, per permettere che la legislatura "vada avanti fino al 2023", secondo l’auspicio di Delrio (Pd). Infine, la trappola del Mes, sul quale i 5 Stelle non hanno alcuna intenzione di cedere, ma che per il Pd è fondamentale. Quei soldi, avverte il leader democratico, servono. Sullo sfondo campeggia una sfida più generale tra M5S, che cercherà di alzare il prezzo dell’alleanza, e Pd che – forte delle vittorie regionali in solitaria – tenterà di abbassarlo. Sono nodi che starà all’abilità di Conte – che ieri si è congratulato tanto con Di Maio quanto con Zingaretti – sciogliere: dopo questo voto, riuscirà a farlo con maggiore facilità. Tanto più ora, con l’Italia assediata da Paesi in cui il Covid torna a mordere, parlare di crisi sarebbe fuori luogo.