Mercoledì 24 Aprile 2024

Decreto sicurezza, sfida dei sindaci Pd sui migranti. Salvini: vi denuncio

Mossa dei primi cittadini di sinistra: "Non applichiamo il provvedimento". L’ira del leader della Lega: "È una legge dello Stato, vietato ignorarla"

Migranti salvati nel Mediterraneo (Ansa)

Migranti salvati nel Mediterraneo (Ansa)

Roma, 3 gennaio 2019 - Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ieri ha ‘sospeso’, nel territorio della sua città, il decreto sicurezza varato dal governo Conte, ma il cui vero padre è il vicepremier Salvini nella sua qualità di ministro dell’Interno, e in particolare quelle norme che Orlando ritiene «disumane, criminogene» contro i richiedenti asilo perché impediscono, disegnando ex novo lo status di rifugiato come fa il decreto Sicurezza, «di poter godere di servizi pubblici essenziali e universali come la casa, la salute, l’assistenza sociale e sanitaria».

Il titolare del Viminale, in prima battuta, sembra reagire soft: «Con tutti i problemi che ci sono a Palermo, il sindaco sinistro pensa a fare ‘disobbedienza’ sugli immigrati», quasi rassicura («Vuoi disobbedire? Non ti mando l’esercito»), ma poi, nel corso della giornata, mangia la foglia e si irrita: «I sindaci ne risponderanno personalmente, legalmente, penalmente e civilmente perché il decreto Sicurezza è una legge dello Stato che mette ordine e regole». La verità è che alle sue orecchie, infatti, è arrivata una voce malevola: «il Pd ‘manovra’ i sindaci di centrosinistra, vuole abbatterti e cercare, con Zingaretti capo, di fare il governo con l’M5S».

De Magistris: "Porto di Napoli aperto ai migranti della Sea Watch"   Certo è che l’incendio divampa. Molti altri sindaci – De Magistris a Napoli, Nardella a Firenze, Pescara e Parma (Pizzarotti, ex M5S), presto seguirà anche Milano (Sala) – si preparano a seguire le orme di Orlando in nome, dice De Magistris, «della Costituzione che vieta qualsiasi forma di discriminazione razziale». E anche l’Anci, guidata dal dem Antonio Decaro, sindaco di Bari, fa sua la ‘strategia’ anti-salviniana, anche se, formalmente, si limita, a chiedere «un tavolo» con il Viminale per «discutere del decreto Salvini».

Il punto politico è che non ci sono ‘solo’ i sindaci, dietro la ‘ribellione’ delle città, ma, appunto, soprattutto il Pd. ‘L’ordine’ di far partire la battaglia contro Salvini, sul terreno a lui più caro, sarebbe partito, infatti, dal Nazareno. «Portare la battaglia in casa dell’avversario e dar fuoco alla casa» sarebbe la nuova strategia dei due principali candidati a guidare il Pd con le primarie, e cioè Zingaretti e Martina, i quali, non a caso, danno massimo risalto all’iniziativa e chiedono «a tutti i sindaci del Pd» di seguirne le orme.    L’idea venuta al Pd la spiega il costituzionalista e deputato dem Stefano Ceccanti: sollevare, davanti alla Consulta, un giudizio di costituzionalità sul decreto Sicurezza, seguendo l’iter che già il Pd ha scelto con il ricorso che verrà discusso il 9 gennaio rispetto alla lesione delle prerogative del Parlamento in seno di discussione della legge di Stabilità. Ma mentre un gruppo parlamentare può costituirsi motu proprio in giudizio, davanti alla Corte Costituzionale, un sindaco può farlo solo se qualcuno lo denuncia (e presto sarà così), finisce per questo motivo davanti a un giudice ordinario ed è questi che solleva il conflitto (e il giudizio) alla Consulta. Il tipo di ricorso, spiega Ceccanti, si chiama ‘incidentale’ e il Pd vuole così iniziare a creare grossi ‘incidenti’ a Salvini, che però ricorda: «il dl Sicurezza Mattarella lo ha firmato».