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"Chi glielo dice che gli mancano 100 voti?". Eccolo qui l’interrogativo che angustia il centrodestra: tutti, con più o meno convinzione, pensano che la scalata di Berlusconi al Colle rischi di franare rovinosamente nel segreto dell’urna. Ma il diretto interessato da quest’orecchio non ci sente: "Vi assicuro che posso giocarmi le mie carte". Tra gli alleati prevale lo scetticismo: domani si vedranno a villa Grande, la sede romana del Cavaliere – per il momento sono stati invitati solo Salvini e Meloni, ma dovrebbero andare tutti i leader della coalizione – malgrado il tempo sia agli sgoccioli non è scontato che il dado venga tratto. Non solo per una questione sostanziale, ma anche tattica: attendere le scelte del Pd (che si riunisce sabato) prima di calare le carte. Elezioni presidente della Repubblica: come funziona nell'era Covid. Voto e regole Eppure, i pezzi sulla scacchiera del centrodestra oramai sono chiari. Carroccio, Fd’I e Coraggio Italia (i centristi di Brugnaro, Toti e Quagliariello) hanno fissato i confini del campo. E cioè: che non ci sarà crisi di governo anche se Draghi dovesse andare al Quirinale; che Berlusconi non è l’unico e definitivo candidato; che semmai si ritirasse non sarà lui il king maker. A dare il la è Salvini: "La Lega non ha nessuna exit strategy dal governo: c’è a prescindere da chi è a Chigi. L’idea è che si continui con Draghi, ma l’importante è andare avanti". Della serie: se Super Mario andrà al Colle, non faremo la crisi. Un netto smarcamento dal Cavaliere che continua a dire il contrario: "Se Draghi viene eletto il governo cade e si vota". Per dar più forza al ragionamento, il leghista ribadisce che lo schema potrebbe essere quello di "un esecutivo forte, con dentro tutti i segretari", (ipotesi rinviata al mittente dal Pd). Come se ...
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