Giovedì 25 Aprile 2024

Quirinale, centrodestra in tilt: "Berlusconi non ha i voti"

Salvini, Meloni e centristi in pressing: "Al Cavaliere mancano oltre 100 grandi elettori". E se Draghi va al Colle niente elezioni

Matteo Salvini, classe 1973, accanto a Silvio Berlusconi, 85 anni

Matteo Salvini, classe 1973, accanto a Silvio Berlusconi, 85 anni

"Chi glielo dice che gli mancano 100 voti?". Eccolo qui l’interrogativo che angustia il centrodestra: tutti, con più o meno convinzione, pensano che la scalata di Berlusconi al Colle rischi di franare rovinosamente nel segreto dell’urna. Ma il diretto interessato da quest’orecchio non ci sente: "Vi assicuro che posso giocarmi le mie carte". Tra gli alleati prevale lo scetticismo: domani si vedranno a villa Grande, la sede romana del Cavaliere – per il momento sono stati invitati solo Salvini e Meloni, ma dovrebbero andare tutti i leader della coalizione – malgrado il tempo sia agli sgoccioli non è scontato che il dado venga tratto. Non solo per una questione sostanziale, ma anche tattica: attendere le scelte del Pd (che si riunisce sabato) prima di calare le carte.

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Eppure, i pezzi sulla scacchiera del centrodestra oramai sono chiari. Carroccio, Fd’I e Coraggio Italia (i centristi di Brugnaro, Toti e Quagliariello) hanno fissato i confini del campo. E cioè: che non ci sarà crisi di governo anche se Draghi dovesse andare al Quirinale; che Berlusconi non è l’unico e definitivo candidato; che semmai si ritirasse non sarà lui il king maker. A dare il la è Salvini: "La Lega non ha nessuna exit strategy dal governo: c’è a prescindere da chi è a Chigi. L’idea è che si continui con Draghi, ma l’importante è andare avanti". Della serie: se Super Mario andrà al Colle, non faremo la crisi. Un netto smarcamento dal Cavaliere che continua a dire il contrario: "Se Draghi viene eletto il governo cade e si vota". Per dar più forza al ragionamento, il leghista ribadisce che lo schema potrebbe essere quello di "un esecutivo forte, con dentro tutti i segretari", (ipotesi rinviata al mittente dal Pd). Come se non bastasse, il capo dei deputati del Carroccio, Riccardo Molinari, rilancia: "Dobbiamo prepararci un piano B, trovare un’altra figura di centrodestra che sia condivisibile anche dal centrosinistra".

Il nome che circola a via Bellerio è quello di Letizia Moratti. Non finisce qui: Giovanni Toti avverte: "Se Berlusconi deciderà di candidarsi, il centrodestra lo sosterrà. Lo faremo anche noi auspicando che ci siano le condizioni per sostenerlo, perché nessuno vuole che si schianti contro un muro di assenze di voti". E da Fratelli d’Italia chiosano: "Se per qualunque motivo non si arrivasse a dama con Berlusconi, non è che poi qualcuno si arroga il diritto di decidere prima o per gli altri".

Nessuno degli alleati mette in dubbio il sostegno al Cavaliere, tutti però domani durante il vertice tenteranno di spingerlo al ritiro per una strada obliqua. I numeri sciorinati dai “tecnici“ nella riunione di Coraggio Italia sembrano impietosi: "Allo stato Silvio ha 460 voti dei parlamentari del centrodestra: un 10% di franchi tiratori è fisiologico, gliene servono altri 100 per essere eletto alla quarta votazione. Da dove li prende?". Il Cavaliere ripete che ce la può fare: "Ciò che mi manca lo pesco tra i cinquestelle, specie quelli vicini a Di Maio". Operazione impossibile se l’ex maggioranza giallorossa abbandonerà l’aula alla quarta votazione, come ha già fatto sapere: chi dovesse disobbedire alle indicazioni restando dentro, in tal caso, non sarebbe coperto dal segreto dell’urna. E d’altra parte, secondo quanto avrebbe detto Salvini ai suoi colonnelli, Berlusconi non può contare su Italia viva: "Renzi mi ha garantito che non lo votano".

Dunque? È partito il gioco del cerino tra gli alleati del centrodestra. Ovvero: chi deve dire a Silvio che non c’è trippa per gatti. Anche per questo, ieri il leader della Lega ha incontrato i vertici di Coraggio Italia senza però cavare un ragno dal buco: "Non lo fermeremo noi", la replica. Un colloquio che ha spinto il Cavaliere ad alzare il telefono e chiamare Salvini per avere il polso della situazione. Sa benissimo, l’ex premier, che senza un centrodestra compatto non va da nessuna parte. Da qui, l’ennesimo invito agli alleati: "L’unità della coalizione è sempre stata e sarà un valore che dobbiamo continuare a preservare. Non possiamo sprecare questa occasione di dire la nostra". In questo quadro, non stupisce se Salvini avverte: "Il nome per il Colle si saprà tra 15 giorni". Ovvero: dopo che si sarà chiusa la terza votazione.