Mercoledì 24 Aprile 2024

Superospite Festival dei miti italiani, Amadeus chiama Gino È il cielo in un Sanremo

Paoli, 88 anni: "Spesso ci si dimentica dei migliori se sono ancora vivi". Il maestro all’Ariston sabato per la finalissima. E giovedì Peppino di Capri

di Andrea Spinelli

Chissà come avranno preso l’invito all’Ariston i superospiti del Festival di quest’anno nel sentire Amadeus dichiarare a testate unificate di aver puntato su un plotone di ultra settantenni perché lui su quel palco i grandi della canzone italiana vuole abbracciarli e non ricordarli. Gli ultimi in ordine di tempo a fare gli scongiuri sono Peppino di Capri e Gino Paoli, ufficializzati ieri nel corso del TgUno delle 13.30, prima di una lunga ospitata a Domenica In nel corso della quale Mara Venier ha pure consegnato al direttore artistico e presentatore del Festival, in vista degli imminenti impegni, un corno portafortuna extralarge (col ritorno della controprogrammazione di Mediaset, auguri).

Le presenze del cantautore campano e di quello genovese (anche se nato a Monfalcone), in scena rispettivamente giovedì 9 febbraio e sabato 11, vanno ad aggiungersi alle presenze dei Pooh nella serata di apertura e del trio Al Bano-Morandi-Ranieri in quella di mercoledì. Rimane ancora una casella vuota, quella del venerdì, e si nota la mancanza di una donna. La Zanicchi s’è autocandidata, ma Berti e Vanoni potrebbero accampare altrettanti diritti. Intanto sta girando pure il nome di Nicola di Bari, ma ora tutto tace.

"I casi di Bindi, Endrigo e altri dimostrano che Italia troppo spesso ci si è dimenticati dei migliori quando sono ancora in vita, scoprendone la reale grandezza solo dopo che se ne sono andati" dice Paoli, 88 anni e una sola corda vocale in gola, guardando al Festival da un’angolazione vicina a quella di Amadeus. "Quando tempo fa un produttore s’è detto intenzionato a realizzare un film su di me, gli ho risposto che sono ancora vivo e vegeto". Per Paoli cinque partecipazioni (l’ultima nel 2002) e un secondo posto, nel ‘64 con Ieri ho incontrato mia madre appena sette mesi dopo aver tentato il suicidio. Proposito messo tragicamente in atto poi proprio al Festival dall’amico Tenco. "Quando Luigi cantò, si capì subito che non era lui e quando sei fuori si sa che può accadere di tutto" ripete spesso Gino. "Fossi stato lì con lui in quei momenti, gli avrei dato un paio di calci nel culo e non sarebbe successo niente". Il Festival è una macchina da spettacolo che con un salto temporale di oltre mezzo secolo, dagli anni Sessanta ai Duemilaventi, oltre agli ascolti sembra aver ritrovato assoluta centralità nelle cose della musica. "Chi partecipa e, soprattutto, chi organizza Sanremo dovrebbe mettersi in testa che è una grande vetrina internazionale del prodotto italiano" dice Paoli. "Un’opportunità da sfruttare fino in fondo come facevano gli editori di una volta, che mandavano al Festival la miglior canzone e poi si precipitavano ai quattro angoli del pianeta a venderne i diritti. L’ultima a farlo è stata Caterina Caselli".

Di Capri, che all’anagrafe rimane Giuseppe Faiella, torna al Festival da superospite a 83 anni dopo 15 partecipazioni e due vittorie, nel ‘73 con Un grande amore e niente più e nel ‘76 con Non lo faccio più. "Ho sempre creduto nella grande capacità di Amadeus come direttore artistico dell’evento musicale più importante, per questo prima della chiamata m’ero candidato addirittura in gara" anticipa l’autore di Champagne. "Sono onorato e gratificato". Da ricordare, pure, che nell’85 Giuseppe-Peppino arrivò nono con quella E mo’ e mo’ che l’ha riportato ultimamente in auge, finendo pure nelle playlist di ragazzi che presumibilmente fino a ieri ignoravano la sua esistenza, grazie alla colonna sonora de La vita bugiarda degli adulti, la serie di Netflix con Valeria Golino ambientata a Napoli, attinta dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante.

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