Sabato 27 Aprile 2024

Pompei, lo schiavo che portò in scena i greci

Uno scheletro mummificato in una tomba: l’ultima scoperta testimonia la storia eccezionale del liberto che si emancipò grazie alla cultura

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di Aristide Malnati

Un’edificante storia di riscatto sociale, per giunta ottenuto grazie a una robusta cultura. A raccontarla è il sito archeologico di Pompei, e la vicenda umana è quella di Marcus Venerius Secundio, Marco Venerio Secundio, nato schiavo e in grado di riscattarsi percorrendo tutta la scala sociale a lui possibile, tanto da permettersi una tomba sfarzosa in un’area importante di una delle principali colonie romane del I secolo d. C., Pompei appunto. Ebbene la tomba, praticamente intatta, è stata riportata alla luce dalla missione dell’Università Europea di Valencia, che da anni opera in quel settore sotto la direzione di Gabriel Zuchtriegel e di Llorenç Alaport.

La sepoltura e il suo prezioso contenuto hanno rivelato come il suo proprietario, morto poco più che sessantenne, fosse decisamente facoltoso: non lascia dubbi il corredo funerario di gioielli, oggetti preziosi e pregiati tessuti; e soprattutto la sepoltura monumentale (è preceduta da un vestibolo recintato in marmo e presenta un’ampia camera di inumazione) e finemente decorata (si notano sulle pareti raffigurazioni di diverse piante verdi su sfondo blu con decorazioni a motivi geometrici).

Da iscrizioni già note ricostruiamo il percorso umano del defunto, deceduto qualche decennio prima dell’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei (79 d. C.), quindi verosimilmente sotto il Principato dell’Imperatore Nerone (al potere dal 54 al 68 d. C.): Marco Venerio Secundio (questo il suo nome da liberto romano) giunse a Pompei come schiavo, ma presto si emancipò grazie appunto a un’eccellente preparazione culturale, che lo portò a compiere una carriera di tutto rilievo. Iniziò col ricoprire il ruolo di custode del tempio di Venere, il più importante nella Pompei dell’epoca: alla divinità dell’amore erotico i romani sotto Augusto avevano dedicato la città, identificandola in questo modo come luogo di passioni proibite.

La carriera dello schiavo ormai divenuto liberto (cioè semilibero) s’impennò tanto che presto divenne Augustale, vale a dire membro del prestigioso Collegio che in tutta la zona si occupava del culto dell’Imperatore e che era in contatto diretto col potere imperiale a Roma. Un ruolo che Venerio Secundio onorò grazie alla sua cultura, come ricorda un’iscrizione trovata nella nuova tomba: celebrò la grandezza di Roma e del suo Princeps facendo rappresentare per quattro giorni Ludi greci e latini, competizioni (Certamina) culturali e soprattutto le grandi opere della tragedia e commedia greche (Eschilo, Sofocle, Euripide e Aristofane), che evidentemente aveva studiato con grande passione.

La perfetta conoscenza della lingua greca di Venerio Secundio, ricordata dalla stessa iscrizione, ne rivela l’origine in una provincia orientale dell’Impero, dove il greco era lingua d’uso anche sotto Roma (come oggi l’inglese). Origine confermata dalla scelta dell’inumazione invece della cremazione, all’epoca molto più consueta a Roma e nelle province italiche: "È stato forse un modo per ricordare ai suoi concittadini il suo percorso in vita, che lo vide partire schiavo in qualche villaggio remoto e affermarsi grazie alla sua preparazione nel cuore dell’Impero", fa rilevare Massimo Osanna, direttore generale dei Musei statali e già Sovrintendente a Pompei.

Osanna conferma che quest’ultimo ritrovamento assume particolare importanza poiché rappresenta la prima prova diretta che nei teatri di Pompei fosse usuale organizzare spettacoli anche in lingua greca. Un’ipotesi che gli studiosi negli anni hanno avanzato più volte, ricorda Osanna, soprattutto "dopo il ritrovamento di una piccola tessera circolare in osso con inciso il nome Eschilo" che era stata interpretata già allora come gettone di ingresso al teatro. "Adesso, alla luce delle dichiarazioni di Secundio che si vanta di aver organizzato quattro giorni di ludi greci e latini, si spiega però anche di più", nota Osanna. Pompei ancora una volta si rivela dunque scrigno di preziosi tesori "che – come ha sottolineato il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini – non smette mai di stupire e che è motivo d’orgoglio per l’Italia".

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