Venerdì 26 Aprile 2024

La moda sostenibile contro la schiavitù e per l'ambiente

La terza edizione dell'International Roundable on Sustainability a Milano. Carlo Capasa: "Lunico futuro possibile per il settore". Applausi per l’intervento di Kerry Kennedy

Carlo Capasa e Kerry Kennedy (Lapresse)

Carlo Capasa e Kerry Kennedy (Lapresse)

Milano, 26 marzo 2019  - “L’unico futuro possibile per la moda è che sia sostenibile ed etica”. Non ha dubbi Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana in apertura della terza edizione dell’International Roundable on Sustainability (sponsor Borsa Italiana e Brandart) che si è tenuto oggi a Palazzo Parigi davanti ad un parterre molto autorevole e competente in rappresentanza di tanta parte del Fashion. Un tema molto importante che vede la Camera della Moda in prima linea e battistrada nei confronti delle analoghe istituzioni europee ed americane. A Milano poi ogni settembre si svolge anche la magica serata del Green Carpet alla Scala.

Di grande significato l’inchiesta condotta da CNMI con McKinsey Milano illustrata da Antonio Achille Senior Partner di McKinsey Milano, un report che ha indagato tra 80 buyer di department store in oltre 25 paesi come Hyundai, Printemps, Takashimaya, Samsung e Barneys che hanno detto come la sostenibilità’ oggi non sia solo un valore etico ma anche economico per i marchi e come interessi molto i Millennials e la Generazione X. Saranno loro i consumatori del futuro. Quei clienti che secondo il report di McKinsey sarebbero disposti a spendere un dieci per cento in più per un abito o un accessorio sostenibile.

Molto applaudito l’intervento di Kerry Kennedy, figlia di Robert Kennedy, Presidente della Robert F.Kennedy Human Rights, istituzione non profit che si occupa di programmi educativi , formazione e investimenti socialmente sostenibili con particolare attenzione a donne e bambini. “In Honduras i bambini e le bambine lavorano anche 20 ore al giorno - dice Kerry Kennedy - spesso le bambine vengono anche violentate. I lavoratori non hanno diritti, gli ultimi tre decenni sono stati di disastri. Ora il cambiamento sostenibile del Fashion potrà cambiare molte cose sui diritti umani. Quello che c’è da svelare è la giungla dei sottocontratti in Honduras come in Bangladesh dove nel 2013 sono morte in una fabbrica-torre 1.344 persone. Di recente solo otto stabilimenti hanno superato le ispezioni. Il resto è caos e schiavitù. Ecco perché tutti i marchi oggi devono denunciare pubblicamente in quali fabbriche vengono fatti i loro vestiti. È necessario investire sui diritti umani, anche per la gestione dei rischi. Occorre controllare materie prime e catena di approvvigionamento altrimenti la bomba esploderà e i bambini continueranno a lavorare in Pakistan e in Cambogia. Oggi uno su tre Millennials scelgono marchi sostenibili”. Delle condizioni disumane di lavoro in Etiopia ha poi parlato Auret van Heerden, dove i salari sono al di sotto della soglia minima come in Cina. Livia Firth cofondatrice e direttore creativo di Eco-Age ha parlato di inclusione e diversità, poi a Milano oggi c’era anche Arizona Muse, modella e paladina della sostenibilità.

Schierate sulla necessità del sistema sostenibile a tutto tondo per i marchi del lusso le responsabili del Gruppo Kering Marie Claire Daveu e quella del Gruppo LVMH Sylvie Bernard, e molto,impegnato su questo fronte anche Elia Maramotti, terza generazione del Max Mara Fashion Group, che ha raccontato il riuso del vello di cammellodi scarto per le nuove imbottiture dei piumini Cube. “la moda deve essere creativa e sostenibile - ha detto Elia Maramotti - e cambierà il mondo. Noi compriamo la fibra dalle popolazioni del deserto della Mongolia che rispettiamo insieme ai loro cammelli. Prima molto materiale veniva sprecato ora con nuova tecnologia recuperiamo gli scarti per le imbottiture e questo sì che è camel luxe”.