Giovedì 25 Aprile 2024

La caccia? Roba da donne. Diana visse 9mila anni fa

Scoperto uno scheletro circondato da punte e lame: "È di sesso femminile"

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Artemide per i greci. Diana per gli antichi romani. Non da ieri la caccia è stata anche “cosa" da donne. Difficile però immaginare che il ruolo di ’procacciatrice di cibo’ - figura indispensabile per la sopravvivenza propria e della tribù - risalga addirittura a 9.000 anni fa, appena un millennio dalla fine dell’ultima glaciazione. Eppure è esattamente quanto dimostrano i risultati di una ricerca condotta dall’Università della California di Davis, pubblicati anche dalla rivista Science Advances.

Per secoli gli storici sono stati concordi nell’affermare che quando i primi gruppi umani andavano in cerca di cibo, i maschi cacciavano, mentre le donne si riunivano per l’accudimento della prole e altri compiti domestici. Il ritrovamento della sepoltura di 9.000 anni fa sulle Ande, inl Sud America, ha messo in luce una storia completamente diversa: gli archeologi hanno scoperto insieme alle ossa un ’kit’ formato da 20 punte di pietra e lame impilate ordinatamente. Segno inequivocabile che i resti mortali fossero quelli di un cacciatore di alto rango.

"I membri del team di scavo hanno subito pensato che l’individuo in questione fosse un grande capo, un grande uomo", spiega l’archeologa Randy Haas dell’Università della California, autrice dello studio, Female Hunters of the Early Americas.

Il bioarcheologo Jim Watson dell’Università dell’Arizona aveva notato che le ossa ritrovate "erano particolarmente sottili e leggere". "Vuoi vedere che il cacciatore è in realtà una femmina?", la sua ipotesi. Quella che sembrava un’eresia è stata ora confermata, portando gli studiosi a riesaminare i fascicoli di altre antiche sepolture nelle Americhe, con risultati sorprendenti: hanno infatti trovato altre 10 donne sepolte con punte di lancia che potrebbero essere state a loro volta cacciatrici.

La scoperta risale a due anni fa: nel 2018, durante gli scavi archeologici in un sito ad alta quota chiamato Wilamaya Patjxa nell’attuale Perù, i ricercatori hanno individuato la prima sepoltura con le venti punte e gli strumenti per la lavorazione degli animali.

"Gli oggetti che accompagnano le persone nella morte tendono ad essere quelli che li hanno accompagnati nella vita", hanno sottolineato i ricercatori. La conferma sul sesso dello scheletro è arrivata, stabilendo, sulla base dei risultati dell’osteologo del team, James Watson dell’Università dell’Arizona, che il cacciatore era probabilmente una donna. La valutazione del sesso fatta da Watson è stata successivamente confermata dall’analisi delle proteine dentali condotta dal ricercatore Tammy Buonasera e da Glendon Parker, professore associato aggiunto. Questi risultati hanno portato il team a chiedersi se la cacciatrice facesse parte di un gruppo più ampio o fosse un’eccezione: ed ecco che analizzando i documenti pubblicati su scavi inerenti il tardo Pleistocene e il primo Olocene in tutto il Nord e Sud America, i ricercatori hanno identificato 429 individui da 107 siti. Di questi, 27 individui erano associati a strumenti per la caccia alla selvaggina grossa: 11 erano femmine e 15 maschi. Un campione sufficiente per "giustificare la conclusione che la partecipazione delle donne alla caccia alla selvaggina grossa, ben 9.000 anni fa, era probabilmente una pratica non inusuale", assicurano gli studiosi.

"Il messaggio è che le donne sono sempre state in grado di cacciare - conclude Randy Haas - . Una tesi che ribalta l’ipotesi di uomo-cacciatore e donna sottomessa. Ma non solo. È un contributo importante in un’epoca nella quale la donna continua a essere vittima di diseguaglianza di genere in ambito lavorativo".

 

 

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