Giovedì 25 Aprile 2024

I bassi di Napoli e gli Usa: Elvira la prima cineasta

Autrice, produttrice, genio della pubblicità: la Notari anticipò il neorealismo. E dal nulla riuscì a fondare un impero chiamato Dora Film

Migration

di Chiara Di Clemente

Incinta, costretta a 27 anni alle nozze riparatrici, una fuga di notte "come una ladra su un carretto", con sé tre valigie di vestiti e libri e una cassa colma di ritagli di quotidiani. È il 25 agosto 1902. Nessun parente l’accompagna all’altare che poi è un ufficio del Comune, la fede che il suo uomo le mette al dito è di ferro, Nicola non ha i soldi per comprarne una d’oro. La firma con cui sigilla il patto d’amore è Maria Coda, così è stata battezzata dal padre. "Nove lettere in caratteri piccoli e decisi. Come lei. Come Elvira. Che assapora il retrogusto della libertà lasciato dal nome di un’intrusa sul suo atto di matrimonio". Libertà.

Da Salerno, dov’è nata nel 1875, arrivata a Napoli con la sua famiglia Elvira ha preso gusto a inseguire la libertà dal momento in cui, in un giorno non lontanissimo da quello delle nozze, entrata nel baraccone delle statue di cera di celebrità e di “spaventosi“ modelli anatomici, s’è ritrovata in una piccola sala, qualche sedia, un telo bianco, il cigolio di una manovella e il ronzio di un proiettore. Tre minuti di film. La vita quotidiana di Napoli ma replicata ingigantita, infinita. Tre soli minuti che la smarriscono, la riempiono: "È cresciuta tra le macchine per cucire, convinta che le meraviglie esistessero solo nelle favole. Adesso pensa a come potrebbe essere una vita immersa in quell’emozione, portandosela dentro di sé ogni giorno, trasformandola in un lavoro".

Elvira Notari è stata la prima regista cinematografica italiana. Non solo: produttrice, sceneggiatrice. Insegnante di recitazione. Pubblicitaria all’avanguardia. Creatrice di un impero cinematografico che dai bassi di Napoli arrivò fino agli Stati Uniti, con film che riportavano ai loro luoghi perduti i tanti emigrati. Sempre sul pezzo, anzi, sempre un passo avanti rispetto agli altri: il marito – fotografo e operatore – sbarca il lunario colorando pellicole; lei, incinta e neomamma e di nuovo incinta, con lampi di genio e strumenti rudimentali, inventa tecniche per velocizzare la colorazione; davanti a Posillipo l’incrociatore gioiello della Marina del re (agosto 1911) s’incaglia e sta colando a picco, lei corre lì, col marito, perché riprenda tutto, e arriva a convincere i vertici della Marina che il salvataggio della nave, con la corazzata Sicilia, vale un film da far vedere in tutta Italia, con il suo Nicola alle riprese – l’unico – a bordo.

Madre di Eduardo (nei film di Elvira fin da bambino) e di Dora e di Maria – che però allontanerà neonata facendola crescere dalle suore –, Elvira corre, organizza, lavora e dà lavoro a tanti, anche alla famiglia che l’ha ripudiata; in un’industria agli albori che è comunque già ovviamente governata dagli uomini, nell’abbandonato Sud dell’Italia, c’è una piccola donna che ora tutti chiamano la “Marescialla“, che fonda una casa di produzione, la Film Dora poi Dora Film, che realizza oltre 160 pellicole la maggior parte delle quali – su storie scritte da lei – portano in scena il sottoproletariato, fatti di cronaca e tragedie dei vicoli, i romanzi popolari e le canzoni più in voga (un’altra idea della Notari: film videoclip ante litteram), ma soprattutto le donne. Come ebbe a sottolineare Annabella Miscuglio: "Nei suoi film c’è l’eterno dualismo dell’immagine della donna: c’è sempre una madre, tradita, abbandonata e disperata, che gioca un ruolo essenziale nel ristabilire la legge, creatrice della società organizzata. E la donna – libera, erotica – come occasione del peccato. Entrambe coesistono nel suo universo immaginario, come una polarizzazione di forze che sembrano lacerare l’essenza femminile". L’uomo? Debole. O carnefice.

Nulla può fermare la Marescialla. Nulla o quasi: "La libertà che ha conquistato è il suo successo e la sua sconfitta più grande", scrive Flavia Amabile nella biografia romanzata dal titolo Elvira (Einaudi) che – in queste settimane – ha restituito all’artista una nuova ribalta. Morta nel ’46, dimenticata almeno fino alla fine degli anni ’80 quando sono stati pubblicati gli studi su di lei di Enza Troianelli (Elvira Notari pioniera del cinema napoletano, 1989) e soprattutto di Giuliana Bruno (Rovine con vista, 1995), poi celebrata come a Napoli, nel 2015, con la mostra-eventodocumentario di Licio Esposito, o a Bologna, al Cinema Ritrovato 2018, adesso, con il libro della Amabile, Elvira acquista se possibile una dimensione in più. L’uso della profondità di campo di È piccerella (1922; si trova su YouTube) e di una recitazione che era tesa a riprodurre la verità ("Per emozionare ti devi emozionare", diceva ai suoi attori presi dalla strada), scelte che l’hanno portata a essere considerata un’antesignana del neorealismo, alla luce degli scritti di Flavia Amabile s’illuminano della brama, dell’urgenza di libertà che ha invaso questa donna. Solo la censura fascista è riuscita a fermarla. Solo il fascismo, e il rimpianto di una figlia abbandonata.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro