Mercoledì 24 Aprile 2024

Fra Dante e Campana: il dono di Muti a Marradi

Il concerto con l’Orchestra Cherubini per la riapertura del Teatro degli Animosi. Il Maestro: "Un segno di civiltà. La cultura è cibo spirituale"

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di Stefano

Marchetti

MARRADI (Firenze)

Sulla mongolfiera – dicono – volano i sogni. E forse non a caso l’Accademia degli Animosi, alla fine del Settecento, la scelse come suo simbolo e la fece perfino affrescare sul boccascena del suo piccolo, delizioso teatro, una bomboniera incastonata nel cuore del paese sospeso fra Toscana e Romagna, forte terra dantesca.

Ed è stato veramente un sogno il regalo che Riccardo Muti (grazie a Ravenna Festival) ha voluto fare a Marradi, dirigendo la sua amata orchestra giovanile Cherubini nel concerto che ieri pomeriggio ha ufficialmente riaperto il Teatro degli Animosi dopo i restauri che hanno permesso di recuperare anche lo storico ridotto. "La nostra Italia è ricca di centinaia di teatri che i nostri antenati ci hanno tramandato nei secoli, ma tanti purtroppo sono chiusi – ha detto il Maestro –. Riaprire un teatro è un segno di civiltà".

All’ingresso del teatro la banda di Popolano suona l’inno di Mameli, e Riccardo Muti si complimenta: "Le bande sono un patrimonio musicale da proteggere e tutelare – spiega –. Ancor prima che esistessero la radio o la tv, attraverso le bande si diffondeva la cultura musicale. E ci sono richiami bandistici perfino nella Nona di Beethoven".

Poi il taglio del nastro, fra un Dante e un Virgilio in erba. Si aprono finalmente le porte. Circa cento spettatori prendono posto in sala, distanziati come Covid comanda (e nel palco d’onore c’è anche il ministro ai Beni culturali Dario Franceschini), altri trecento trovano posto nella piazzetta Scalelle, per seguire l’evento davanti a un maxischermo. Una vera festa.

Si abbassano le luci, e anche in sala le prime note sono per l’inno nazionale: l’emozione è palpabile. Il concerto ci conduce subito nel paesaggio etereo dell’iconica Aria sulla quarta corda di Bach, quasi un invito alla riflessione, al pensiero, quindi ci offre il brivido dell’incantevole, struggente preghiera dell’Ave Maria dall’Otello di Giuseppe Verdi, affidata alla voce del soprano Rosa Feola. L’attrice Elena Bucci ci accompagna poi nel mezzo del cammin della poesia, in una toccante ed efficace tessitura fra l’universo di Dante e il "cielo notturno" dei Canti orfici di Dino Campana che nacque proprio a pochi passi dal teatro.

E di nuovo ecco alla ribalta Riccardo Muti che conclude il concerto con la freschezza del Divertimento K136 di Mozart, con i suoi archi vibranti di gioventù. Un tripudio.

La qualità di un teatro – sottolinea Riccardo Muti – non è basata sulle grandi voci o sui grandi artisti, "che oggi sono qui e domani sono là": la forza di un teatro è rappresentata "dalla sua orchestra, dal suo coro, dai suoi tecnici, dalla sua gente". E rimarca un concetto che gli è caro da sempre: aiutare i giovani, puntare sul loro entusiasmo e sul loro talento.

"Fare il musicista non è una professione, ma una missione – prosegue –. Questi ragazzi che avete sentito oggi sono tra il meglio dei nostri Conservatori, e sono pronti a dare il loro contributo per migliorare la società. Dopo tutte le disgrazie che abbiamo attraversato in questi due anni, è il momento di pensare che la cultura possa essere cibo spirituale per l’Italia, per l’Europa e per il mondo intero".

Prima di congedarsi, Riccardo Muti fa una promessa agli abitanti di Marradi: "Tornerò, quando il Teatro degli Animosi potrà di nuovo accogliere tutti, senza più limitazioni".

"Lei ci ha regalato un giorno speciale", lo ringrazia il sindaco Tommaso Triberti che gli consegna un cofanetto con le chiavi simboliche del teatro: "Così, Maestro, non avrà neppure bisogno di avvisare: potrà entrare quando vuole". Eh sì, gli Animosi avevano ragione: le mongolfiere portano in volo i sogni.

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