Venerdì 26 Aprile 2024

Danzando nella Legione straniera Disco Boy, un film lungo dieci anni

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di Andrea Martini

Un sogno lungo dieci anni ma dal risveglio galvanizzante. Un’intera decade è il tempo impiegato da Giacomo Abbruzzese, regista lucano quarantenne residente a Parigi, per realizzare il suo primo lungometraggio, che oggi si ritrova, unico film italiano, in Concorso alla Berlinale. Opera apolide, tante sono le nazionalità degli interpreti e dei tecnici, dei capitali investiti, Disco Boy è un film fuori norma, per ritmo, per fotografia, per immaginario: è una scommessa che ci fa capire che il cinema può ancora raccontare il futuro se cambia il suo presente. E sicuramente Abbruzzese ci prova: "La prima idea la ebbi nel 2013 quando in una discoteca parigina incontrai un ballerino classico che era stato soldato. In quel corpo viveva una contraddizione apparente: l’estremo sforzo fisico e la disciplina che entrambi comportano sono comuni ai due mondi. Difficile è stato trovare l’interprete che potesse sostenere il ruolo e in seguito convincere i produttori della bontà del soggetto che avevo in testa".

A dar corpo al sogno è stato Franz Rogowsky, il cui volto armoniosamente spigoloso, issato su un corpo scultoreo, si prestava alla parte di duro militare risucchiato (risuona una eco di Conrad) dalla cultura sciamanica del delta del Niger. Alexei, protagonista di Disco Boy dalla nativa Bielorussia attraversa da clandestino mezza Europa per arruolarsi nella Legione Straniera: molta fatica ma una divisa e la promessa di una nuova identità. Un patto faustiano che lo conduce poco dopo nell’Africa nera dello sconquassato e inquinato delta nigeriano e dove un popolo di diseredati si batte contro gli ultimi predatori. Al fante della Legione spetterebbe la liberazione degli ostaggi bianchi ma Alexei nei neri pronti a sacrificarsi per la loro cultura, ancora prima che per le loro vite, sente un richiamo sciamanico, atavico inspiegabile che s’incarna nel volto del giovane Jomo e della sorella Udoka. Per lui abbandonare la Legione e lasciarsi spogliare dell’uniforme è assumere l’unica vera identità: quella offerta dal proprio corpo.

Anche se Disco Boy è un film a chiave non si piega a nessuna lettura ideologica. Pochissime parole, fotografia senza uso di brillantanti, battaglie notturne girate con camere termiche, trasformano una vicenda realistica in un racconto psichedelico, in cui la musica trascina lo spettatore in una trance che lo allucina. Disco Boy è film imperfetto, ma ha la straordinaria capacità di fare assumere a una storia che può essere vera l’aspetto di un’ossessione personale. Un mix che potrebbe benissimo incantare una giuria in cerca di novità.

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