Mercoledì 24 Aprile 2024

Cinema, tecnologia "deepfake": a Hollywood si discute per tutelare attori

La Screen Actors Guild vuole aggiornare i contratti per evitare lo sfruttamento e tutelale l'immagine degli artisti

Mark Hamill ringiovanito per comparire in 'The Book of Boba Fett' - Foto: Lucasfilm

Mark Hamill ringiovanito per comparire in 'The Book of Boba Fett' - Foto: Lucasfilm

Se la tecnologia cambia, bisogna che cambino anche i contratti, in modo che gli attori e le attrici siano tutelate: per evitare lo sfruttamento economico della loro immagine, ma anche per proteggere gli artisti da un uso potenzialmente lesivo del loro volto e della loro voce. È un argomento caldo di cui si sta molto discutendo, a Hollowood, perché le implicazioni sono significative. Solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile vedere il 70enne Mark Hamill riguadagnare sembianze giovanili per interpretare un Luke Skywalker del passato: è accaduto nella serie TV 'The Book of Boba Fett' e l'impatto, in termini visivi, è risultato credibile (vedi la foto d'apertura di questo pezzo). In questo caso la soluzione tecnologica è stata accolta positivamente, perché correttamente contrattualizzata. Ma la questione si fa più problematica se una produzione decide di utilizzare l'immagine digitale di un attore dopo la morte di quest'ultimo, per inserirla in un proprio film: è accaduto in occasione di 'Rogue One' (2016), quando il defunto Peter Cushing (1913-1994) è "tornato" a interpretare il Grand Moff Tarkin grazie all'animazione digitale. Peggio ancora: cosa succede se un volto famoso è vittima di un deepfake che gli fa dire, o fare, cose che non lo rappresentano affatto e anzi lo danneggiano? Per esempio esprimendo condanne o sostegni politici estremisti, oppure comparendo in un finto video pornografico. Se l'ipotesi può sembrare fantascienza, per convincersi del contrario basta guardare il video che il regista Jordan Peele ha realizzato nel 2018: un deepfake dell'ex presidente Barack Obama che era già allora molto credibile, a dimostrazione della crescente difficoltà di distinguere ciò che è vero da ciò che invece è falso. Da qui la discussione, in quel di Hollywood, portata avanti da SAG-AFTRA (Screen Actors Guild - American Federation of Television and Radio Artists). Vale a dire il sindacato che rappresenta qualcosa come 160mila fra attori e attrici, musicisti e musiciste, modelli e modelle, influencer e altri professionisti dei media. SAG-AFTRA non si sta occupando dei deepfake utilizzati in maniera politicamente ingannevole o sessualmente esplicita: per quello già esiste una parziale legislazione. Sta però tentando di aggiornare i contratti collettivi, in modo da esplicitare che l'immagine digitale di un performer deve essere protetta e garantita. Ancora una volta: sembra poca cosa, ma non lo è. Ormai a Hollywood è normale creare riproduzioni digitali del cast principale di un film o di una serie TV, per esempio allo scopo di realizzare stund double da utilizzare in fase di progettazione e realizzazione degli effetti speciali visivi. SAG-AFTRA sostiene la necessità di inserire a contratto che quei dati digitali possono essere usati esclusivamente per scopi messi nero su bianco e adeguatamente compensati. E che devono essere protetti per evitare furti e utilizzi indebiti, se non addirittura illegali.

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