Mercoledì 24 Aprile 2024

"Bravo Hopkins, ma il primo Padre sono io"

Sulla statuetta vinta dall’attore inglese: "Il film è tratto da una pièce che ho portato in teatro, un pezzetto di Oscar dovrebbe darlo a me"

Migration

di Giovanni Bogani

"Un pezzettino di Oscar dovrebbero darlo anche a me", scherza Alessandro Haber, quando lo raggiungiamo al telefono. Sette giorni fa, Anthony Hopkins ha vinto l’Oscar come miglior attore protagonista per la sua straordinaria performance in The Father, il film – tratto da una pièce teatrale di Florian Zeller – in cui tratteggia splendidamente il personaggio di un uomo che si trova perduto nella confusione, nello smarrimento, nel labirinto mentale dell’Alzheimer. I più attenti, però, si ricordano che qualche anno fa, a teatro, era proprio il pubblico italiano a essere toccato da questa tragedia, che leggevano negli occhi, nelle parole, nella voce di un attore italiano: Alessandro Haber.

Nella stagione 2017-2018 Haber, fuoriclasse del teatro e del cinema italiano, anima selvatica, cavaliere errante sempre pronto a sorprenderti, debuttava con Il padre. Sarebbero seguite più di duecento repliche in tutta Italia. Un successo fermato soltanto dalla pandemia e dalla chiusura dei teatri. Ma adesso, Haber ha più voglia che mai di tornare in scena.

Con Il padre, portato da lei splendidamente a teatro, ha affrontato un tema che fa paura a una società occidentale composta in gran parte di anziani: l’Alzheimer.

"Me ne sono reso conto uno spettacolo dopo l’altro. In tre anni di tournée, ho trovato decine di medici, infermiere, badanti, persone che hanno vissuto sulla propria pelle o nell’esperienza dei loro cari questo problema. In tanti mi hanno detto “lei è uguale a mio padre, al mio compagno, a mio fratello. Come ha fatto a trovare quella verità?“. Per la prima volta, ho avuto la sensazione di fare qualcosa di davvero importante, con questo nostro mestiere da saltimbanchi".

In che modo ha afferrato i segni, i tic, le caratteristiche del personaggio?

"Un giorno il mio amico Gigio Alberti, l’attore di Mediterraneo, mi disse “Mi accompagni da mia madre?“. La incontrai . Posò su di me uno sguardo così vuoto, così smarrito, così assente: uno sguardo che non ho dimenticato mai più. Sono partito da quella sensazione, da quell’istante. Poi mi ha dato una mano la presidentessa dell’associazione dei malati di Alzheimer. Mi ha spiegato che in certi momenti queste persone tornano in sé: sono i momenti in cui capiscono che qualcosa non va, e si difendono aggredendo le persone che li amano. Questi i due punti di partenza: poi me la sono giocata da solo".

Come è nato il suo interesse per il testo?

"È merito di Federica Vincenti, la giovane produttrice che ha messo in piedi il progetto. Federica, ragazza di genio e di enorme forza propositiva, mi sottopose questo testo. Io l’ho amato, prima con la forza dell’istinto, poi con quella della ragione".

Ha conosciuto Zeller, l’autore della pièce, anche regista del film da Oscar?

"Venne a Firenze, quando portavo il suo spettacolo alla Pergola. Mi abbracciò e mi disse: ti ringrazio, questa è la più bella interpretazione che ho mai visto, perché hai comunicato cose che non sapevo neppure di avere scritto".

Non ha mai pensato a trarne un film?

"Insieme a Federica Vincenti, eccome se ci ho pensato! Ma c’era già il progetto con Anthony Hopkins".

Lo riprenderete a teatro?

"Non questa stagione: prima riprenderemo Morte di un commesso viaggiatore, da gennaio: lì, al cinema, ci ha già pensato un certo Dustin Hoffman a farlo. Sempre questi principianti…", ride.

Sarebbe bello vederla insieme con Anthony Hopkins…

"Eh, sarebbe bello sì! Sarebbe bello fare La strana coppia. Purtroppo vivo sul Lungotevere, e non a Hollywood, e neppure in Galles".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro