In uno studio pubblicato
sulla rivista Science viene descritto un
batterio ingegnerizzato in laboratorio che potrebbe
salvare le api dall'estinzione. Il microrganismo
geneticamente modificato è opera di un'equipe della University of Texas at Austin, che da tempo sta cercando di combattere quella che viene tecnicamente definita "sindrome dello spopolamento degli alveari".
Sindrome dello spopolamento: perché?
Lo spopolamento delle colonie di
Apis mellifera, la specie di ape più diffusa al mondo e più usata in apicoltura, è un fenomeno al centro del dibattito scientifico da ormai più un decennio. Le
ragioni di questo declino restano in parte da decifrare, anche se gli indizi raccolti negli anni hanno permesso di identificare alcuni
fattori chiave, tra cui gli stress climatici, l'uso dei pesticidi a base di neonicotinoidi e le infezioni
causate da un acaro chiamato
Varroa destructor.
Il gruppo texano ha concentrato specificamente i propri sforzi sul Varroa, che attacca gli impollinatori
succhiandone il sangue. Oltre a indebolire l'insetto, l'acaro è anche il
vettore di numerosi agenti virali, tra cui un virus dell'ala deforme (DWV, da deformed wing virus) che provoca malformazioni mortali.
Un alleato per difendersi dai nemici
Utilizzando una speciale tecnica, i ricercatori hanno modificato il patrimonio genetico di un batterio comunemente presente nell'intestino delle api, rendendolo capace di
rispondere all'invasione degli agenti patogeni. Il ceppo è stato poi inoculato in alcune giovani api (età: una settimana), nelle quali la probabilità di sopravvivenza
è aumentata quasi del 40% rispetto a un gruppo controllo non trattato.
In un secondo esperimento, i batteri sono stati modificati in modo mirato per
innescare una risposta immunitaria letale nei confronti del
Varroa destructor. Anche in questo caso i test hanno dato riscontro positivo, evidenziando un aumento dei decessi tra gli acari
pari al 70%.
Il primo autore Sean Leonard ha specificato che nessuno era riuscito fino ad ora a "migliorare la salute delle api ingegnerizzando geneticamente il loro microbioma". Ci vorranno
ulteriori verifiche per certificare se questa soluzione sia la migliore per contrastare lo spopolamento degli alveari. Le premesse sembrano comunque incoraggianti per due motivi: i batteri sono progettabili in modo
relativamente semplice e presentano un alto grado di
sicurezza per l'ambiente, in quanto non infettano altri organismi.